Interiorizzare la parola di D-O Pubblicato il 5 Settembre, 2024
Dal momento stesso in cui è stato creato, l’uomo ha sentito il bisogno di ricercare la verità. Allo stesso tempo, però, egli si è scontrato con i limiti imposti dal suo essere soggettivo. Con il Dono della Torà, D-O ha fornito all’umanità uno standard di verità assoluto, fornendoci valori e principi che fungono da linee guida applicabili in ogni situazione, in ogni luogo ed in ogni tempo.
Il vero metro di giudizio
Dal momento stesso in cui è stato creato, l’uomo ha sentito il bisogno di ricercare la verità. Allo stesso tempo, però, egli si è scontrato con i limiti imposti dal suo essere soggettivo, e ha dovuto quindi riconoscere che la comprensione da lui raggiungibile ha un’ampiezza limitata. Con il Dono della Torà, D-O ha fornito all’umanità uno standard di verità assoluto. Al contrario del nostro livello di comprensione soggettiva, la Torà ci dà valori e principi che fungono da linee guida applicabili in ogni situazione, in ogni luogo ed in ogni tempo. Qual’è la responsabilità che spetta all’uomo? Giudicare. Sottoporre se stesso e ciò che lo circonda ad un esame, per poter determinare la condotta prescritta dalla Torà. Dopo di ciò, egli deve comportarsi secondo questo giudizio e cercare di modificare la sua vita ed il suo ambiente di conseguenza. In questo modo, egli innalza se stesso e ciò che lo circonda, elevandolo ad una connessone a D-O, Che trascende la concezione umana del bene.
Alle porte della città
Questi concetti si riflettono nel nome della parashà Shofetìm – Giudici – e nel suo verso di apertura: “Nominerai su di te dei giudici e dei funzionari a tutte le tue porte (della città)…” Porre dei giudici alle porte della città esprime il desiderio che ogni aspetto delle funzioni della città sia in conformità alle leggi della Torà. I giudici trasmettono i comandi della Torà, ed i funzionari prendono le misure necessarie a garantire l’applicazione di tali direttive. Il Rambam trova in questo verso il fondamento al precetto di nominare giudici e funzionari in ogni città della Terra d’Israele. In un senso più ampio, il verso viene anche ad insegnare che ogni persona deve agire come un giudice ed un funzionario nella propria casa, organizzandola secondo le leggi della Torà. Questo concetto è poi ulteriormente ampliato dall’interpretazione che spiega come “le tue porte” si riferisca agli organi sensoriali del corpo: gli occhi, le orecchie, la pelle, il naso e la bocca. Essi fungono da “porte” attraverso le quali noi riceviamo informazioni dall’ambiente. Ci viene imposto di “nominare dei giudici” a queste porte, così che anche le nostre percezioni fisiche siano permeate dalla guida della Torà. Vediamo inoltre che la Torà si rivolge al singolare, alla singola persona, con l’espressione “le tue porte”, intendendo con ciò che questo lavoro riguarda ogni individuo. Ogni persona è “una città, in microcosmo”, e deve “nominare giudici e funzionari” che controllino la sua interazione con il resto del mondo.
La necessità di un rinforzo
I giudici delle nostre comunità e, in modo simile, gli aspetti della nostra personalità preposti al giudizio, non possono rivolgere la loro attenzione solo verso l’interno. Al contrario, i nostri Saggi dicono che un giudice deve occuparsi attivamente dell’esterno, andando a cercare Ebrei ai quali insegnare. Quest’opera di divulgazione ha in sé però un inconveniente intrinseco. Qual’é l’autorità di un giudice? Le leggi obiettive comandate dalla Torà. Essendo però la Torà fondamentalmente al di sopra dell’intelletto mortale, l’uomo può avere difficoltà in relazione alle direttive del giudice. Anche quando egli riconosce la verità di queste direttive e il dovere di rispettarle, può esserci un divario fra tale riconoscimento e la propria comprensione, divario che può impedire l’applicazione di tali direttive. Per risolvere questa difficoltà vi sono due vie. La prima è la nomina di funzionari che costringano le persone a rispettare le direttive dei giudici. Questo approccio ha però un difetto. Esso assicura infatti che la persona adegui la propria condotta alle regole della Torà, ma solo in forma esteriore, senza farla arrivare ad una adesione che tocchi la sua interiorità ed operi un raffinamento della persona stessa.
Una moralità interiorizzata
Un secondo approccio, più comprensivo, è suggerito dal verso del profeta Isaia che descrive l’Era della Redenzione: “Ristabilirò i tuoi giudici come prima, i tuoi consiglieri come da principio” (Isaia 1/26). Le direttive del giudice saranno quindi integrate dall’opera dei “consiglieri”. Un consigliere non emana decreti, ma offre piuttosto dei consigli costruttivi. Egli si trova più o meno allo stesso livello della persona alla quale porge i suoi consigli, e gli parla come un buon amico, con il quale ha molto in comune. L’ascoltatore si sente a suo agio nel sentire i suoi consigli e li accetta, non per fede, ma comprendendo il loro beneficio. Quando allora un “consigliere” trasmette e spiega le norme deliberate dal giudice, le leggi della Torà non cambiano solo la condotta della persona, ma anche il suo carattere.
Lo spirito della profezia
Una figura simile a quella del “consigliere” è quella del profeta. Il Rambam spiega che il profeta ha due funzioni. La prima è quella di sollecitare il popolo ad osservare la Torà ed i suoi precetti. La seconda è dare consigli sulla condotta dell’uomo nella sua vita quotidiana: “D-O ci ha dato dei profeti al posto di astrologi, maghi e divinatori, in modo da poter porre loro domande su temi di natura generale e di natura particolare”. D-O non ha permesso però che noi impariamo le leggi dai profeti, ma dai Saggi. I Saggi e i giudici quindi insegnano le leggi della Torà che guidano la nostra condotta, mentre i profeti trasmettono la parola Divina su di un piano più strettamente legato all’esperienza comune della gente, incoraggiandola a farla diventare parte stessa della propria vita quotidiana. Nella nostra epoca, immediatamente precedente alla redenzione, noi iniziamo a vedere la realizzazione della profezia: “Io ristabilirò i tuoi giudici come prima, i tuoi consiglieri come da principio”, figure capaci di guidarci e fornirci direttive riguardo la natura del nostro tempo presente, in modo da poter preparare il mondo alla rivelazione finale della redenzione.
(Adattato da Likutèi Sichòt, vol. 17, pag. 213; Sefer HaSichòt 5749. pag. 666; Sefer HaSichòt 5751, pag. 780)