La forza anche di un solo pensiero di teshuvà Pubblicato il 1 Luglio, 2024
Non possiamo immaginare la forza che ha anche solo un pensiero rivolto al pentimento!
“E i figli di Korach non morirono” (Bemidbàr 26:11)
Quando la Torà, nella parashà Pinchàs, conta le famiglie della tribù di Levi, essa cita la famiglia Korchita (Bemidbàr 26:58). Viene qui da chiedersi: come poteva esistere ancora una famiglia di Korach, dal momento che egli e i suoi figli e tutto ciò che possedeva furono inghiottiti dalla terra, in seguito alla controversia da loro fomentata contro Moshè Rabèinu? La Torà stessa, in un altro punto della parashà, fornisce la risposta. Quando essa ricorda Datàn e Aviràm (che portarono il popolo a peccare in quella stessa contesa), dice: “e i figli di Korach non morirono”. In proposito, Rashi spiega: “All’inizio essi erano dell’idea, ma poi, nell’ora in cui scoppiò la contesa, concepirono pensieri di pentimento nel loro cuore. Perciò fu fissato per loro un luogo elevato… ed essi stettero lì” (Rashi al verso Bemidbàr 26:11). E in seguito è detto che uscirono di lì e fondarono famiglie.
Misura per misura
I figli di Korah furono partecipi della disputa e furono fra i suoi promotori, quando però scoppiò la contesa, provarono rimorso e “concepirono pensieri di pentimento (teshuvà) nel loro cuore”. Se avessero manifestato apertamente il loro pentimento e si fossero disgiunti dalla disputa, essi non sarebbero stati inghiottiti nella terra. Ma poiché lasciarono che i loro pensieri di rimorso rimanessero solo nel loro cuore, essi furono puniti insieme a tutta la comunità di Korach. La loro punizione fu quindi ‘misura per misura’: come manifestamente essi furono parte della comunità di Korach, così in modo manifesto anch’essi subirono la stessa punizione e furono inghiottiti nella terra come gli altri. Avendo avuto però dei pensieri di pentimento nel loro cuore, cosa che il resto del popolo non vide e della quale solo D-O fu a conoscenza, essi furono distinti dal resto della comunità di Korach, dopo che fu inghiottita nella terra, e lì, lontano dalla vista di chiunque, fu creato per loro un posto elevato e si salvarono.
Il pentimento nel cuore
Ciò esprime la forza del pentimento: i figli di Korach furono fra i promotori della contesa, portarono tutto il popolo a peccare, e anche se poi si pentirono, lo fecero solo col pensiero, nel loro cuore, un pentimento che non si rese noto agli altri. Eppure, per merito di questo solo loro pensiero rivolto al pentimento, si salvarono dalla punizione che portò alla morte di tutta la comunità di Korach, e meritarono che fosse fatto per loro un miracolo particolare, che venisse “creato per loro un luogo elevato”, fino a uscire poi da lì in vita. Essi diedero origine in seguito a nobili discendenti, fra i quali il profeta Shmuel, e persino nel libro dei Salmi furono inseriti dei canti pronunciati dai figli di Korach. E tutto questo, per merito di un solo pensiero rivolto al pentimento!
A maggior ragione
Da qui possiamo imparare un ragionamento a fortiori: se i figli di Korach, che compirono un peccato così grave, meritarono di salvarsi e di raggiungere livelli così elevati grazie ad un solo pensiero rivolto al pentimento, quanto più ciò vale per la nostra generazione, che viene dopo così tante generazioni di Ebrei che si sono sacrificati per il Suo Nome benedetto e hanno accumulato tanta Torà e buone azioni, così che certamente, grazie anche ad un solo pensiero rivolto al pentimento, si potranno realizzare ormai oggi le parole del Rambam (Hilchòt Teshuvà, cap. 7, halachà 5): “Alla fine verrà il momento che Israele farà teshuvà… e immediatamente sarà redento” – nella Redenzione vera e completa, per opera del nostro giusto Moshiach.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 33, pag. 170)