La forza di Moshè Rabèinu Pubblicato il 27 Giugno, 2024

In ogni generazione esiste ‘un’estensione di Moshè’, e cioè il ‘Giusto’ della generazione, che si preoccupa e prega per ogni membro del popolo d’Israele, si cura di ogni singolo Ebreo, prega e fa discendere dall’Alto ogni bene materiale e spirituale per tutti in generale e per ogni singolo in particolare.  

“…e avevano suscitato le proteste di tutta la comunità contro di lui”(Bemidbàr, 14:36)

Nella parashà di Shelàch viene descritto il peccato commesso dagli uomini, capi di tribù, che erano stati scelti e mandati da Moshè ad esplorare il paese di Canàan, la terra promessa da D-O ai figli d’Israele, ed al loro ritorno avevano parlato male di essa, suscitando tutto il popolo a ribellarsi contro D-O, e calunniando Moshè stesso. A causa di questa colpa, D-O volle punire con la morte tutto il popolo, che aveva peccato, al che Moshè si levò a pregare D-O, chiedendo: “Perdona, Ti prego, la mancanza di questo popolo, conformemente alla Tua grande misericordia” (Bemidbàr, 14:19) ed il Santo, benedetto Egli sia, gli rispose: “Li perdono, così come hai detto”, decretando però che la generazione del deserto, gli uomini dai vent’anni in su, che si erano ribellati, non sarebbero entrati nel paese, ma avrebbero girovagato per quarant’anni nel deserto, fino alla loro completa estinzione.

Gli esploratori ed il popolo

Agli esploratori però, D-O non perdonò: “quegli uomini che avevano parlato male del paese morirono” (Bemidbàr, 14:37). Sorge qui la domanda: se Moshè era riuscito ad annullare il castigo che D-O aveva voluto imporre a tutto il popolo, perché non riuscì ad ottenere il perdono anche per gli esploratori? Nel verso che compare dopo la preghiera di Moshè e la risposta del Santo, benedetto Egli sia, vi è un’allusione che risponde alla domanda: “Quanto agli uomini che Moshè aveva inviato… che erano tornati e avevano suscitato le proteste di tutta la comunità contro di lui”. Apparentemente, questo verso sembrerebbe essere superfluo, dato che la Torà aveva già raccontato il peccato degli esploratori. Ma è proprio da questo verso che si può ricavare la spiegazione per la morte immediata degli esploratori.

Accusatore e difensore

Vi è una differenza sostanziale fra il peccato degli esploratori e quello di tutto il popolo. Per quanto i figli d’Israele avessero protestato, si fossero lamentati e avessero pianto, la cosa derivava per loro dalla paura che gli esploratori avevano fatto nascere nei loro cuori: “Dovremo perire di spada, le nostre mogli e i nostri fanciulli saranno catturati come bottino” (Bemidbàr, 14: 3). Gli esploratori invece si misero intenzionalmente in controversia con Moshè Rabèinu, come la Torà fa notare: “…e avevano suscitato le proteste di tutta la comunità contro di lui”, ed è proprio per questo motivo che la preghiera di Moshè non potè aiutarli. Dato che gli esploratori si levarono contro la speciale posizione di Moshè Rabèinu, la posizione cioè di chi sta fra D-O ed il popolo d’Israele, Moshè non potè richiedere misericordia nei loro confronti, in quanto essi si erano tolti dalla sua sfera di influenza. Questa è la regola: “l’accusatore non può divenire difensore”: essendo stato posto Moshè nello stato di accusatore degli esploratori, egli non potè fungere da loro difensore.

Il “Moshè” della generazione

È detto nei “Tikunèi Zoar” che in ogni generazione esiste ‘un’estensione di Moshè’, e cioè il ‘Giusto’ della generazione, che si preoccupa e prega per ogni membro del popolo d’Israele. La storia degli esploratori è una prova della forza dei Giusti della generazione, che possono procurare il perdono persino per un peccato così grave come quello degli esploratori, al punto che anche dopo che fu decretata la morte dei figli d’Israele, essi poterono vivere ancora per molti anni. Nonostante ciascuno possa, e anzi, debba pregare D-O personalmente, noi necessitiamo comunque della preghiera del “Moshè” della generazione, ed ancor di più, anche la preghiera stessa del singolo si eleva e viene accolta per il tramite del “Moshè” della generazione. Il “Moshè” della generazione infatti è al pari della “testa” e del”cervello”, che percepisce più di qualsiasi altro singolo organo quali siano i veri bisogni ed è costantemente collegato al Santo, benedetto Egli sia. Il “Moshè” della generazione è quindi colui che si cura di ogni singolo Ebreo, e colui che prega e fa discendere dall’Alto ogni bene materiale e spirituale per tutti in generale e per ogni singolo in particolare.
(Likutèi Sichòt, vol. 13, pag. 44)

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