La gioia particolare di Succòt Pubblicato il 16 Ottobre, 2024
Il lavoro del ‘raccolto’ è un lavoro che ricorre in modo stabile nella vita dell’uomo, come è detto: “Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai i frutti.” Il significato interiore del lavoro del raccolto dei prodotti della terra è quello di purificare tutte le cose del mondo e collegarle a D-O.
La gioia del raccolto
Il precetto della gioia è legato alla Festa di Succòt più che a tutte le altre feste, tanto che essa è chiamata nelle nostre preghiere “il tempo della nostra gioia”. Ciò deriva dal fatto che il comando di gioire nella Festa di Succòt appare nella Torà tre volte. Il motivo di una gioia così grande deriva dal fatto che si tratta della “Festa del Raccolto, alla fine dell’anno, quando avrai raccolto dalla campagna i (frutti del) tuo lavoro” (Shemòt 23,16). La cosa risalta anche dal verso: “…quando raccoglierete il prodotto della terra” (Vaikrà 23,39). In questa festa, il raccolto si trova già nelle case e nei fienili, e da ciò deriva una grande gioia.
Un insegnamento per il nostro servizio Divino
La Torà, come rivela il suo stesso nome, è insegnamento (ora’à). Essa guida l’Ebreo nella sua vita di tutti i giorni. Ogni particolare nella Torà ha la funzione di fornire un insegnamento riguardo al servizio Divino individuale di ciascun Ebreo. Anche la grande gioia legata al completamento del raccolto, nella festa di Succòt, allude ad un concetto importante e fondamentale del servizio Divino. Il lavoro del ‘raccolto’ è un lavoro che ricorre in modo stabile nella vita dell’uomo, come è detto: “Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai i frutti” (Shemòt 23,10). Oltre al lavoro agricolo, vi è qui un’allusione anche al lavoro spirituale dell’Ebreo, un lavoro che va svolto sia nella Terra d’Israele che fuori di essa, poiché in ogni luogo in cui egli si trova, l’Ebreo ha l’obbligo di: “Fai qui la Terra d’Israele”, di rendere cioè il posto in cui vive un luogo di santità e di Ebraismo, come lo è la Terra d’Israele. Il significato interiore del lavoro del raccolto dei prodotti della terra è quello di purificare tutte le cose del mondo e collegarle a D-O. Gli Ebrei devono sceverare, spigolare, raccogliere e radunare tutte le scintille Divine che D-O ha nascosto nel mondo. Noi dobbiamo ‘raccogliere’ quelle scintille ed elevarle alla santità. Questo lavoro viene fatto attraverso l’adempimento della Torà e dei precetti ed il loro diffonderli ovunque.
Un compito interiore
Il compito del raccolto riguarda non solo il lavoro dell’uomo verso il mondo, ma anche quello dell’uomo verso se stesso. Egli deve ‘spigolare’, raccogliere e radunare tutti i suoi pensieri, le sue parole e le sue azioni in modo che siano impregnati e rivolti solo alla santità. Questo è un compito che noi dobbiamo perseguire tutti i giorni dell’anno. Tuttavia, la Festa del Raccolto rappresenta il momento nel quale il lavoro di tutto l’anno arriva al suo completamento: “alla fine dell’anno, quando avrai raccolto dalla campagna i (frutti del) tuo lavoro”. In questa festa noi completiamo il lavoro del raccolto di tutte le scintille di santità che si trovano nascoste in tutti i campi della vita e del mondo, ed anche il lavoro del raccolto di tutti i pensieri, le parole e le azioni, che vanno dedicati alla santità. Per questo, la gioia è così grande proprio a Succòt.
Verso la ‘festa’ della Redenzione stessa
La “Festa del Raccolto” allude anche al raduno tanto desiderato, la raccolta ed il raduno di tutto il popolo d’Israele, da ogni angolo del mondo, la riunione degli esuli nella Terra d’Israele, che avverrà nella Redenzione vera e completa, come recitiamo ogni giorno nelle nostre preghiere: “…e raccoglici insieme dai quattro angoli della terra”. Anche questo noi possiamo contribuire ad attuare, con il lavoro del ‘raccolto’: quando Ebrei in ogni luogo si riuniscono insieme in incontri di fratellanza, con amore l’uno per l’altro, come “un uomo solo con un cuore solo” (commento di Rashi a Shemòt 19,2), essi annullano la causa dell’esilio e di conseguenza il suo risultato, l’esilio stesso, e così noi meritiamo di essere raccolti tutti insieme nel Terzo Tempio, nella Redenzione vera e completa.
(Itvaduiòt, col. 1, pag. 97)