La guerra dell’Ebreo Pubblicato il 12 Settembre, 2024
Per creare una dimora per D-O in questo mondo, l'Ebreo deve dichiarare guerra alla materialità del mondo, che occulta il Divino, e conquistarla. Egli deve anche sapere di avere la capacità di riuscire, poiché nel suo legame con D-O, fin dall'inizio egli è al di sopra del suo nemico.
“Quando uscirai in guerra…”
Il verso “Quando uscirai in guerra sul tuo nemico…” apre la parashà Ki Tezè. Nonostante tutto quanto compaia nella Torà abbia un significato rilevante per tutti i tempi, è tuttavia difficile, in apparenza, capire la lezione da trarre da questa parashà, che descrive la condotta degli Ebrei in guerra (ed in particolare una guerra che non è direttamente comandata da D-O, una guerra facoltativa, che non è assolutamente applicabile nel tempo presente). L’insegnamento che noi possiamo apprendere da questa parashà riguarda quella dimensione del nostro servizio, che ci porta a coinvolgerci nelle cose materiali e negli affari di questo mondo, in modo da purificare ed elevare la loro sostanza fisica, rendendola un recipiente adatto a contenere la santità e trasformando, così, il mondo in una dimora per D-O. Questo servizio è di una natura differente dal servizio che si relaziona solamente alla sfera della santità, come lo studio della Torà e l’adempimento delle mizvòt. Quest’ultimo servizio è caratterizzato dalla pace, e attrae il Divino, facendolo discendere nel mondo. Non si ha qui a che fare con alcun “nemico”. Quando, invece, si è occupati a purificare il mondo in generale, nella sua materialità, allora bisogna “uscire in guerra sul tuo nemico”.
La materialità del mondo
La natura materiale del mondo si oppone al Divino e si oppone alla creazione di una dimora per Lui. Per creare una dimora per D-O, un luogo dove la Sua Essenza possa rivelarsi, qui, in questo mondo, è necessario ‘dichiarare guerra’ a questa dimensione della materialità e conquistarla. L’aspetto di occultamento in questo mondo, e la sua tendenza ad opporsi alla creazione di una dimora per D-O, furono creati da D-O Stesso. Il potere, quindi, che si oppone alla santità non deriva soltanto dalla sostanziale materialità del mondo, ma, piuttosto, dalla natura che D-O le ha impresso. Risulta chiaro, ora, che l’Ebreo deve chiamare a raccolta energie molto grandi, per muovere guerra ad una simile forza. Per questa ragione, la Torà usa l’espressione: “Quando uscirai in guerra sul tuo nemico”. L’Ebreo che ‘esce in guerra’ deve lasciare il suo regno, la dimensione, cioè, nella quale egli è coinvolto unicamente in cose di santità, per occuparsi di questioni materiali. Quando è impegnato in questo servizio, egli deve sapere che ha la capacità di riuscire. Per questo è detto che egli muove guerra “sui suoi nemici”. Grammaticalmente, sarebbe stato più corretto dire “contro i suoi nemici”, eppure la Torà usa una costruzione in qualche modo goffa, per insegnarci che, prima che la guerra inizi, l’Ebreo deve sapere che egli è già al di sopra dei suoi nemici.
L’Ebreo è al di sopra del suo nemico
In piccolo, questa concezione della guerra riguarda anche la nostra vita. L’Ebreo possiede un’anima Divina e, ad un livello inferiore, un’anima animale ed un corpo. Egli deve combattere una guerra, una lotta contro l’istinto del male per vincere le tendenze naturali del corpo e dell’anima animale e conquistarle, impedendo, così, loro di disturbare il suo servizio Divino. Più ancora: egli deve arrivare, infine, al punto di compiere il proprio servizio Divino ‘con tutto il cuore’ (letteralmente: ‘i cuori’, al plurale), che i nostri Saggi interpretano: “con entrambi i tuoi desideri”, ovvero, anche con l’istinto del male, che dovrà essere trasformato. E la possibilità di questo servizio deriva dal fatto che, nella sua essenza, l’Ebreo è già al di sopra dei suoi nemici.
(Shabàt parashà Ki Tezè, 11 Elùl 5750)
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