La ricompensa finale Pubblicato il 11 Settembre, 2024
La ricompensa per i precetti rappresenta il ‘salario’ dell’Ebreo, in un rapporto in cui D-O è il ‘datore di lavoro’ e l’Ebreo il ‘lavoratore’. Secondo la legge stabilita da D-O Stesso, Egli dovrebbe retribuire l'Ebreo per il ‘lavoro’ svolto, immediatamente . Perché allora D-O ritarda il pagamento, aspettando a ricompensare il popolo Ebraico fino all’"indomani", fino cioè al Mondo a Venire?
“Dovrai dargli il suo compenso nello stesso giorno, senza lasciare che tramonti il sole” (Devarìm 24;15).
La parashà Ki Tetzè contiene il precetto Divino che ingiunge di pagare il lavoratore a tempo debito. “Dovrai dargli il suo compenso nello stesso giorno, senza lasciare che tramonti il sole” (Devarìm 24;15). I nostri Saggi ci insegnano che D-O Stesso osserva i propri comandamenti, facendo, per così dire, ciò che Egli dice di fare ai Figli d’Israele. Spesso, i Saggi paragonano il servizio Divino dell’Ebreo, il suo studio della Torà ed il suo adempiere ai precetti, al servizio che un lavoratore compie per il proprio datore di lavoro. In questo caso, la ricompensa per i precetti rappresenta il ‘salario’ dell’Ebreo, in un rapporto in cui D-O è il ‘datore di lavoro’ e l’Ebreo il ‘lavoratore’. Secondo ciò, non appena l’Ebreo adempie ad un precetto, non appena egli compie il suo lavoro per il ‘Datore di lavoro’, D-O dovrebbe retribuirlo immediatamente per il ‘lavoro’ svolto. Non è D-O Stesso infatti a comandare che non si ritardi il pagamento del lavoro e non si aspetti neppure fino all’”indomani”? Perché allora D-O ritarda il pagamento, aspettando a ricompensare il popolo Ebraico fino all’”indomani”, fino cioè al Mondo a Venire? Dicono infatti i nostri Rabbini: “Oggi è il tempo di compiere i precetti, e domani è il tempo di ricevere la ricompensa”. Persino il Giusto più completo, deve aspettare.
Pagamento alla fine di tutto il lavoro?
Forse, D-O non è obbligato a pagare un individuo fino a che egli non abbia lasciato questo mondo ed il suo servizio spirituale non sia stato completato, così come un datore di lavoro non deve pagare il suo impiegato fino a che questi non abbia portato a termine il lavoro. Ogni giorno della nostra vita, ed in ogni suo momento, noi siamo vincolati a servire D-O, compiendo i Suoi precetti. E poiché D-O assegna ad ogni Ebreo il suo specifico compito spirituale, come possiamo noi dire di meritare la ricompensa in questo mondo? Ogni precetto non costituisce infatti un atto isolato, ma solo una parte della consegna. Ci vuole il tempo di una vita per raggiungere la propria meta spirituale. Stando così le cose, il pagamento è dovuto solo al completamento del lavoro, quando il lavoro della nostra vita giunge al termine.
Ricompensa fisica o spirituale?
Questa risposta sarebbe appropriata, se il Mondo a Venire rappresentasse un’esistenza completamente spirituale. Lasciando questo mondo, allora, al completamento della propria missione, un individuo entrerebbe immediatamente nel Paradiso, per ricevere la propria ricompensa. L’Ebraismo ci insegna però che vi sarà un resurrezione dei morti, e cioè un tempo in cui l’esistenza fisica si rinnoverà. E sarà quello il tempo della nostra remunerazione, quando noi sperimenteremo una ricompensa fisica per i precetti che abbiamo compiuto. Gli Ebrei hanno osservato fedelmente i precetti nel corso di secoli. Tutti gli Ebrei attraverso la storia hanno aspettato la nostra generazione, il tempo di Moshiach e della Redenzione. Certamente il pagamento del nostro ‘conto’ ha subito una dilazione estremamente lunga. Ed allora ci si chiede ancora una volta: dal momento che un lavoratore deve essere pagato il giorno stesso in cui egli guadagna il suo salario, perché D-O tarda tanto a pagare il popolo Ebraico per i suoi precetti? Dov’è Moshiach?
Lo scopo della creazione
La risposta può essere trovata nella comprensione dello scopo stesso della creazione. D-O ha desiderato di avere una dimora qui, in questo basso mondo. La realizzazione di ciò, però, e cioè la possibilità per la Luce Divina di illuminare questo mondo materiale, è resa possibile solo dalle azioni e dal servizio Divino del popolo Ebraico, durante il periodo dell’esilio. Ogni precetto messo in atto da un Ebreo purifica l’Ebreo stesso e l’ambiente che lo circonda, attirando la Luce Divina quaggiù, nel mondo. Sono perciò le azioni congiunte di tutti gli Ebrei nel corso di tutte le generazioni che purificano tutto il mondo. Il lavoro non si considera concluso fino a che noi non portiamo a termine il compito Divino che ci è stato ordinato: fare del mondo una dimora per D-O. Questo stato di perfezione si realizzerà nei ‘Giorni di Moshiach’. Per maggiore precisione, il raggiungimento della meta si avrà con la resurrezione dei morti, che seguirà la Redenzione. Trattandosi quindi di una ricompensa che spetta a tutto il popolo, per il suo lavoro complessivo, compiuto nel corso di tutte le generazioni, questa verrà data alla conclusione del lavoro, e cioè alla resurrezione dei morti. Ciò spiega perché il pagamento per il nostro studio della Torà ed il compimento dei precetti arriverà nel futuro – un futuro molto vicino – nei Giorni di Moshiach e della Redenzione. Il pagamento è dovuto al popolo Ebraico come collettività, come entità unica. Noi non veniamo ricompensati immediatamente per i nostri sforzi individuali di rendere questo mondo una dimora per D-O. La nostra ricompensa ci spetta solo insieme a tutto il popolo Ebraico, quando passato, presente e futuro si uniscono.
Lo scopo della ricompensa materiale
Come mai allora la Torà ci assicura spesso che, come compenso alla nostra osservanza dei precetti, noi riceveremo un abbondanza di bene materiale? Questa abbondanza materiale, di fatto, non è la ricompensa finale per i precetti. D-O ci garantisce piuttosto che, se osserveremo i suoi precetti con gioia, Egli rimuoverà davanti a noi ogni cosa che possa ostacolarne l’osservanza. Per facilitare un’osservanza dei precetti compiuta nel modo più bello e completo, e per rafforzare la nostra capacità di studiare la Torà, D-O ci fornirà di abbondanza e prosperità in ogni cosa. Quest’abbondanza materiale che la Torà ci promette, non è quindi la ricompensa per il nostro impegno nei precetti e nella Torà, ma piuttosto la conseguenza del nostro dedicarci ad essi con gioia, in modo da permetterci di poterlo fare sempre più e sempre meglio. Un ulteriore paragone che viene fatto del nostro servizio Divino è quello del padrone rispetto al suo servo. Il padrone ha degli obblighi nei confronti del servo. Egli deve vestirlo, nutrirlo ed alloggiarlo, permettendogli così di servirlo. Così D-O, il nostro Padrone, deve provvedere ai nostri bisogni materiali.
Soci di D-O
In verità, il nostro servizio Divino è paragonabile solo in parte a quello di un lavoratore e a quello di un servo. Per la maggior parte esso è paragonabile a quello di un socio. Per questo, la ricompensa per il compimento di un precetto non è separata dal precetto stesso. Non è qualcos’altro che noi riceviamo in cambio, ma piuttosto la ricompensa è parte del servizio Divino stesso. D-O ha consegnato il Suo mondo agli Ebrei, in modo che, tramite il nostro servizio Divino, la nostra osservanza dei precetti, il Divino che è inerente alla creazione possa rivelarsi apertamente. La rivelazione Divina stessa è la nostra ricompensa. Il risultato è che D-O avrà piacere di avere una dimora nel mondo fisico, ed il Popolo Ebraico avrà piacere della rivelazione Divina, che si realizzerà come risultato dei suoi sforzi, del suo servizio Divino. In questo modo, il popolo Ebraico diviene di fatto un socio nell’opera della creazione, poiché le loro azioni, la loro osservanza dei precetti, producono una rivelazione del Divino nel mondo stesso, rendendolo una dimora adatta alla Presenza Divina.
(Likutèi Sichòt vol. 29, pag. 138 – 144)
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