La rivelazione delle forze nascoste Pubblicato il 28 Aprile, 2024
Nel settimo giorno di Pèsach, D-O operò per il popolo d’Israele il miracolo più prodigioso che si sia mai visto in tutte le generazioni: l’apertura del mar Rosso.
“E le acque formavano per loro un muro alla loro destra ed alla loro sinistra.” (Shemòt 14:29)
Nel settimo giorno di Pèsach, D-O operò per il popolo d’Israele il miracolo più prodigioso che si sia mai visto in tutte le generazioni: l’apertura del mar Rosso. Il Midràsh dà una descrizione dell’immagine che si presentò in quel momento: sul fondo del mare spuntarono alberi, che diedero frutti già maturi, mentre sopra di essi volavano uccelli cinguettanti, e i bambini raccoglievano i frutti e li davano da mangiare agli uccelli, che cantarono insieme agli Ebrei la Cantica del Mare. È nota la regola secondo la quale D-O non fa alcun miracolo senza che ve ne sia una ragione. D-O ha creato il mondo in modo che esso segua le leggi della natura. In mancanza di un motivo particolare, D-O non opera miracoli che sconvolgano l’andamento naturale delle cose. Ed ecco che qui, noi vediamo un miracolo che può sembrare del tutto superfluo: perché tutti quegli alberi e tutti quei frutti? Non era stato sufficiente il miracolo dell’apertura del mar Rosso, per salvare il popolo d’Israele?!
Una preparazione al Matàn Torà
Anche l’apertura stessa del mare fu accompagnata da miracoli apparentemente superflui: sarebbe bastato infatti che le acque si ritirassero, perché gli Ebrei potessero passare, ma D-O fece di più di ciò: le acque del mare si ersero a formare come un muro ai due lati: “alla loro destra ed alla loro sinistra”! Quale fu lo scopo di quest’ulteriore miracolo?! La risposta è che quei prodigi non furono miracoli aggiunti, ma una parte sostanziale del miracolo stesso dell’apertura del mar Rosso, il miracolo che non salvò soltanto i Figli d’Israele dagli egiziani, ma li preparò anche a ricevere la Torà.
L’apertura del ‘mare’ dell’occultamento
Con gli avvenimenti del Monte Sinai, D-O produsse un cambiamento nell’ordine del mondo. Fino ad allora era esistita una separazione fra ‘alto’ e ‘basso’, fra la santità e la realtà fisica. La santità Divina, di fatto, era presente in ogni particolare del mondo, ma in forma nascosta ed occulta. Con il Matàn Torà, fu data al popolo d’Israele la forza di rivelare il Divino che esiste nella realtà materiale. L’occultamento fu rimosso e fu svelata l’essenza vera delle cose. La preparazione a ciò fu l’apertura del Mar Rosso. Quando gli Ebrei passarono nel mare, godettero del privilegio di sperimentare le più prodigiose manifestazioni Divine. L’apertura del mare, infatti, espresse l’essenza del Matàn Torà: il mare rappresenta l’occultamento, e l’apertura del mare esprime la rimozione dell’occultamento e la rivelazione delle cose che si trovano sotto l’’acqua’.
Torà e preghiera
Lo stesso tema si espresse anche nello spuntare degli alberi e dei frutti. Nella terra si trova la forza vegetativa, ed anche nel seme dell’albero si nasconde il potenziale per i frutti che darà, solo che esso non è visibile ai nostri occhi e resta celato. Al momento dell’apertura del mare, però, quando tutte le cose occulte divennero manifeste, la terra fece crescere immediatamente gli alberi, ed essi diedero subito i frutti. Questo non fu un miracolo a parte, ma l’espressione della rivelazione di tutte le forze che si nascondono nella creazione. Anche l’ergersi delle acque in un muro dalle due parti fu una conseguenza di quello che stava accadendo a livello spirituale. I nostri Saggi raccontano che al momento dell’apertura del mar Rosso vi fu un’accusa nei confronti del popolo d’Israele: in cosa essi erano migliori degli egiziani? E cosa fece sì che essi si salvassero? “Alla loro destra ed alla loro sinistra”: il merito della Torà (che è chiamata ‘destra’), ed il merito della preghiera, o dei tefillìn (che appartengono alla parte della sinistra). E dal momento che allora si rivelò ogni cosa agli occhi di tutti, il merito della Torà ed il merito della preghiera divennero subito un muro, “alla loro destra ed alla loro sinistra”.
(Likutèi Sichòt, vol. 3, pag. 966)