“La Sua destra mi abbraccia” Pubblicato il 20 Ottobre, 2024
Il legame fra l’essenza dell’Ebreo e quella di D-O si rivela nella festa di Succòt, un legame così forte da essere indistruttibile. Questo legame è come un “abbraccio” con cui D-O avvolge l’Ebreo a Succòt, ed esso si esprime nel precetto della succà.
Diverse forme d’amore
Le feste del mese di Tishrei hanno il potere di rivelare l’essenza dell’anima dell’Ebreo. In esse infatti il servizio Divino non è limitato, come per il resto dell’anno, ai confini delle facoltà intellettuali ed emotive della persona, ma deriva da un’origine più profonda: l’essenza stessa dell’anima, che trascende le sue particolari facoltà. Quest’essenza forma un legame indissolubile con l’Essenza di D-O Stesso, un amore tra l’Ebreo ed il suo Creatore, che non potrà mai essere spento. L’amore si può manifestare in vari modi: con la parola, con lo sguardo, con un bacio e con un abbraccio. La forma più alta è l’abbraccio, che esprime un amore così forte, da non poter essere comunicato con nessun altro mezzo. La caratteristica dell’abbraccio, come dice l’Admòr HaZakèn, è che esso avvolge da tutti i lati la persona che si abbraccia, anche da dietro, e non permette che essa si separi. Ogni altra espressione di affetto è diretta solo alla parte frontale della persona; l’abbraccio invece comprende tutto il corpo, anche la parte dorsale. Inoltre, ogni altro tipo di amore è legato al fatto di ricevere dall’altra persona, e continuerà solo se verrà ricambiato. Se invece l’amore offerto viene respinto, il sentimento d’amore svanisce in fretta. Non accade così per l’abbraccio, che non permette all’altro si staccarsi. È un amore senza limiti, che non si cura della reazione di chi lo riceve. Anche se l’altro volgesse le spalle e volesse troncare qualsiasi rapporto, l’amore si manterrà intatto, forte come prima. È questo il tipo di amore che esiste fra D-O e l’Ebreo, ed esso si rivela in modo particolare nella festa di Succòt, alla quale si riferisce il verso che dice: “La Sua destra mi abbraccia”. Il legame fra l’essenza dell’Ebreo e quella di D-O si rivela in questa festa, un legame così forte da essere indistruttibile. Anche nel caso l’Ebreo non sentisse alcun amore per D-O e volesse separarsi da Lui, egli non potrebbe farlo: D-O lo “abbraccia” e non lo lascia andare. Il legame fra l’Ebreo e D-O è inviolabile.
Ogni cosa va dedicata a D-O
Il rivelarsi di questo legame, l’“abbraccio” con cui D-O avvolge l’Ebreo a Succòt, si esprime nel precetto della succà. Tutti gli altri precetti sono associati ad un particolare organo di chi li compie: i tefillìn, ad esempio, riguardano la testa ed il braccio, mentre lo studio della Torà richiede il coinvolgimento del cervello e della bocca. Sedersi nella succà è l’unico precetto che la persona compie con tutto il proprio corpo, ogni sua parte compresa, dalla testa ai piedi. Inoltre, il precetto della succà, come dicono i nostri Saggi, è il dovere di abitare in essa allo stesso modo come si fa nella propria vita di tutti i giorni. Non è necessario fare nulla di speciale nella succà: vi si beve, vi si mangia, esattamente come lo si fa in casa per tutto il resto dell’anno. Eppure, compiuta nella succà, ognuna di queste azioni ordinarie viene a rappresentare un precetto. Ed è esattamente questo il significato delle direttive: “in tutte le tue vie conosciLo” e “tutte le tue azioni siano per amore del Cielo”. Anche le “tue vie” e le “tue azioni”, e cioè i propri affari personali e non solo i precetti, devono essere dedicati a D-O. Essendo il legame che unisce l’Ebreo a D-O onnicomprensivo e totale, esso deve potersi esprimere in tutto ciò che l’Ebreo fa. Succòt, ed il precetto della succà in particolare, evidenziano e mettono in luce questo legame fra l’Ebreo e il suo Creatore. È questo il momento in cui “la Sua destra mi abbraccia”, anche “da dietro”. La ‘parte frontale’ di una persona simbolizza quegli aspetti nei quali il Divino è evidente: lo studio della Torà, la preghiera e l’osservanza dei precetti. Il ‘dietro’ simbolizza le occupazioni quotidiane mondane, che all’apparenza mancano di una qualsiasi santità. A Succòt, l’Ebreo fa anche queste cose nella succà e con questo mostra come D-O lo abbracci anche da ‘dietro’; ogni cosa può essere resa santa, poiché D-O è sempre con lui e nessun distacco è possibile. L’”abbraccio” di D-O a Succòt dura non soltanto per il tempo che l’Ebreo trascorre fisicamente nella succà. Il Talmùd dice: “Chiunque non abbia una casa non è una persona completa.” La particolarità che il possesso di una casa conferisce alla persona, non riguarda solo i momenti che egli trascorre di fatto in casa, ma anche quelli in cui è fuori, poiché fino a quando egli ha una casa in cui abitare, il suo legame con essa rimane costante. A Succòt, la dimora della persona è la succà, per cui durante questa festa è la succà a rendere completa la persona. È chiaro quindi che a Succòt, anche quando non ci si trova dentro la succà, il legame con essa rimane: si continua ad essere avvolti dall’“abbraccio” di D-O. Nessun altro precetto possiede una simile proprietà.
Il legame essenziale
Rivelando la succà l’essenza dell’anima, essa funge anche da forza unificatrice. Le differenze fra Ebrei esistono solo esteriormente, nell’intelletto e nelle emozioni. Nell’essenza dell’anima tali divisioni non esistono; lì, tutti gli Ebrei sono una cosa sola. Anche questo trova espressione nel precetto della succà, come dissero i nostri Saggi: “Tutto Israele è degno di dimorare in una succà”. La succà ricorda le Nubi della Gloria che protessero gli Ebrei nel deserto. Proprio come tutti gli Ebrei furono circondati in ugual modo dalle nubi, senza alcuna distinzione fra chi di loro fosse giusto e chi no, così gli Ebrei sono uguali rispetto alla succà. In verità, tutte le feste di Tishrei rivelano l’essenza dell’Ebreo. Il suono dello shofàr a Rosh HaShanà, per esempio, simbolizza l’anima che grida a D-O, un grido che testimonia che se anche un Ebreo può trovarsi al momento separato dal Divino a causa dei suoi peccati, la sua essenza rimane comunque integra e legata a D-O. L’innato desiderio dell’Ebreo di essere vicino a suo Padre, ed il suo dolore per il proprio basso livello spirituale, non trovano parole per esprimersi. Esso può manifestarsi solo in un grido accorato, simbolizzato dal semplice suono dello shofàr. E poiché il legame fra l’Ebreo e D-O è sempre presente, D-O lo redime dal suo stato miserabile, permettendogli di trascendere la materialità e vivere con spiritualità. Ma il legame che si rivela col precetto della succà è ancora più elevato. Esso non si esprime trascendendo il mondo materiale. Il legame dell’Ebreo con D-O, rappresentato dalla succà, si manifesta anche nelle proprie occupazioni mondane: nelle “tue azioni” e nelle “tue vie”. Anche allora l’Ebreo è avvolto dall’“abbraccio’ di D-O, e le sue azioni sono compiute per amore del Cielo e in tutte le sue vie riconosce D-O.
(da Likutèi Sichòt, vol. 2, pag, 417-418)