Lo Shabàt e il Santuario Pubblicato il 6 Marzo, 2024

Quando una persona vive la propria vita, sapendo che è la benedizione Divina la responsabile del proprio sostentamento, egli non sarà consumato dal desiderio di ricchezza e la sua capacità di creare una vera unione con chi lo circonda, per costruire un Santuario per D-O, ne sarà infinitamente accresciuta.

teruma 3Moshè radunò l’intero popolo
La parashà Vayakhèl inizia col racconto di Moshè che radunò l’intero popolo per riferirgli, prima di tutto, il comando Divino di osservare lo Shabàt e, solo dopo, il desiderio di D-O che gli Ebrei portino delle offerte per la costruzione del Santuario. Rashi spiega che Moshè fece precedere il comando dell’osservanza dello Shabàt a quello della costruzione del Santuario, per trasmettere agli Ebrei che, nonostante la costruzione del Tabernacolo avesse un’importanza suprema, essa non avrebbe potuto essere svolta di Shabàt. Si potrebbe pensare comunque che, poiché il tema principale della parashà è proprio la costruzione del Santuario, il comando che lo riguarda avrebbe dovuto essere il primo a comparire. Perché l’ordine è stato invece invertito? Il rapporto fra l’osservanza dello Shabàt e la costruzione del Santuario non è solo in senso negativo, allo scopo cioè di proibire la costruzione del Santuario di Shabàt, ma ha anche un significato positivo: quello di farci capire che l’osservanza dello Shabàt serve come preparazione alla costruzione del Santuario. In che modo? Per comprenderlo dovremo rispondere prima ad altre domande.

Una rivelazione Divina completa
Nonostante le categorie di lavoro proibite di Shabàt siano 39, Moshè distinse fra di esse quella che riguarda l’accendere un fuoco. Come può la proibizione di accendere un fuoco riguardare la costruzione del Santuario, più di qualsiasi altra? Inoltre, perché Moshè trovò necessario radunare prima tutto il popolo, uomini, donne e bambini – cosa che egli faceva in occasioni molto rare – e solo allora riferire i comandi inerenti allo Shabàt e alla costruzione del Santuario? Per rispondere, dobbiamo prima di tutto considerare lo scopo del Santuario. Come dice il verso: “Mi faranno un Santuario, ed Io dimorerò in mezzo a loro” (Shemòt 25:8), il suo scopo è quello di permettere la rivelazione Divina qui in basso, nel nostro mondo materiale. Così dice anche il Midràsh: “Quando la Presenza Divina si rivelò in questo mondo? Nel giorno in cui fu eretto il Santuario” (Bamidbàr Rabbà 13:2; 12:6). A differenza della rivelazione della Presenza Divina al Sinai, che fu essenzialmente il risultato di un’iniziativa Divina, il lavoro degli Ebrei ed il loro servizio nella costruzione del Tabernacolo, così come la preparazione a questa costruzione ad opera di tutti gli Ebrei, uomini, donne e bambini, portò ad una manifestazione completa della rivelazione Divina all’interno del Santuario.

Cosa ci insegna la proibizione di accendere un fuoco
La rivelazione della Presenza Divina in questo mondo denota l’assoluta unità di D-O. Poiché questa rivelazione fu causata dal popolo Ebraico, ne conseguì che esso stesso dovette essere completamente unito in questa causa comune. Per questo Moshè radunò tutto il popolo, prima di trasmettere i comandi relativi alla costruzione del Santuario. Ora, una delle principali cause di dissenso e separazione in questo mondo, sono i disaccordi che nascono sulle questioni di denaro, e questo poiché le persone tendono a farsi prendere dal panico di poterlo perdere. Per questo, quando tutti gli Ebrei agirono all’unisono, tutti pronti ad offrire il loro denaro per la costruzione del Santuario, ciò rivelò la profondità della loro unione. Questa unione fu ulteriormente messa in rilievo dall’enfasi posta da Moshè sulle leggi dello Shabàt, e in particolare sul divieto di accendere un fuoco. Il concetto di base dello Shabàt è quello di radicare in noi la consapevolezza del fatto che D-O ha creato il mondo intero e ne è responsabile ad ogni momento. Questa consapevolezza dovrebbe influenzare profondamente la nostra condotta nei sei giorni della settimana, poiché ci aiuta a capire che il lavoro da noi svolto nei giorni feriali per garantirci il mantenimento, è solo un veicolo e un recipiente attraverso il quale ricevere la benedizione Divina, la vera fonte di ogni nostro guadagno. Il risultato di questa consapevolezza è che, mentre noi lavoriamo duramente durante la settimana per creare un recipiente atto a ricevere la benedizione Divina, il lavoro non ci risucchierà; le nostre teste ed i nostri cuori rimarranno immersi nello studio della Torà, nell’adempimento dei precetti e nel servizio Divino. Questo tema è evidenziato dalla proibizione di creare un fuoco “in qualsiasi luogo voi abitiate”, il che vuol dire che i “luoghi” fisici, nei quali una persona in genere “abita”, devono essere privi di “fuoco” – di una passione cioè che consuma. Quando una persona vive così la propria vita, sapendo che è la benedizione Divina la responsabile del proprio sostentamento, egli non sarà consumato dal desiderio di ricchezza e la sua capacità di creare una vera unione con chi lo circonda, per costruire un Santuario, ne sarà infinitamente accresciuta.
(Da Sefer HaSichòt 5749, vol. 1, pag. 292-298)

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