L’odissea di Avraham Pubblicato il 7 Novembre, 2024
Il percorso spirituale di una persona comporta il trascendere le proprie normali abitudini e modi di pensare, per arrivare a toccare il proprio nucleo essenziale Divino. Ed è questo il messaggio che il comando Divino, Lech Lechà, rivolto ad Avraham Avìnu, trasmette ad ogni Ebreo ed in ogni tempo, guidandolo nel suo servizio.
Cosa la Torà evidenzia
Ogni bambino, persino della scuola elementare, conosce la storia del nostro Partiarca Avraham, come egli scoprì l’esistenza di D-O quando era ancora un bambino di soli tre anni, ruppe gli idoli di suo padre, fu gettato nella fornace ardente da Nimrod e fu salvato da D-O. Eppure, nessuno di questi particolari può essere trovato nella Torà Scritta. Molto in breve, la Torà parla di Avraham alla fine della parashà di Noach, dicendoci che egli era nato, si era sposato ed aveva accompagnato suo padre nel suo viaggio a Charàn. In questi versi, poi, l’accento è più sul padre di Avraham che su Avraham stesso. È nella parashà che prende il nome dal comando Divino di Lèch Lechà, “Va’ via dalla tua terra, dal luogo della tua nascita e dalla casa di tuo padre” (Bereshìt 12:1) che la Torà inizia a parlarci in particolare della storia di Avraham, in quanto fondatore del nostro popolo. Per quale motivo la Torà sceglie di non dare risalto a tutta la vita precedente di Avraham e di iniziare proprio da Lèch Lechà? Prima di ricevere questo comando, infatti, Avraham aveva già raggiunto livelli molto elevati nel suo servizio Divino, dimostrando di essere pronto per esso a sacrificare anche la propria vita! Tutto ciò, tuttavia, rappresentò solamente il suo sforzo personale per unirsi a D-O. Con il comando di Lèch Lechà, iniziò una fase nuova e più profonda del rapporto di Avraham con D-O. Infatti, come dicono i nostri Saggi, “una persona che osserva un precetto perché ne è stato comandato è superiore a quella che lo osserva senza esserne stato comandato”. La parola Ebraica mizvà (precetto) ed il termine zavta hanno la stessa radice, che significa “insieme”. Adempiendo ad un comando Divino per il fatto di esserne stato comandato, l’azione che l’Ebreo compie è Divina e lo collega a D-O in tutta la Sua infinitezza. Compiendo quella stessa azione, ma non per il fatto di esserne stato comandato, questa rimane, per quanto ricca di valore, semplicemente una buona azione, senza però il potere di stabilire una simile relazione. Ciò è compreso nel comando stesso di Lèch Lechà. Ad Avraham fu comandato di lasciare il suo ambito di referenza limitato e mortale, per stabilire una relazione illimitata con D-O. In questo modo egli definì la natura del rapporto fra D-O ed i suoi discendenti, il popolo Ebraico, per tutti i tempi. Il nostro rapporto con D-O non dipende dal nostro amore, dalla nostra comprensione o dalla nostra fede, ma è piuttosto una risposta ad un’iniziativa Divina. I nostri Rabbini hanno evidenziato questo concetto, affermando che il servizio di Avraham anticipò il tipo di legame con D-O, che fu poi reso possibile dal Matàn Torà.
Nuove prospettive
Lèch Lechà ha anche il significato di procedere. Un progresso reale comporta l’abbandono totale del proprio stato precedente. Fino a che la crescita personale dell’individuo dipende dalla sua forza soltanto, il suo progresso sarà limitato. Egli non potrà andare oltre i limiti della propria comprensione. Quando invece il suo progredire è guidato dai comandamenti Divini, non vi è più alcun limite al suo potenziale di crescita. La Torà ed i suoi precetti possono portare una persona ben al di là di quanto gli consenta l’ampiezza limitata della sua visuale umana. Per evidenziare maggiormente questo punto, il comando di Lèch Lechà dice ad Avraham di procedere verso “il paese che Io ti mostrerò”, senza specificare la destinazione. Questo, poiché seguire i comandamenti Divini porta una persona ad orizzonti che da solo non sarebbe in grado di percepire. Inoltre, l’espressione “Io ti mostrerò” in Ebraico può anche essere resa con “Io ti rivelerò”, e cioè: attraverso il suo viaggio verso la Terra d’Israele, il vero sé di Avraham fu rivelato. Ciò è anche indicato dall’espressione Lèch Lechà, che letteralmente significa “vai verso te stesso” e cioè verso la “tua essenza”, la sorgente stessa dell’anima. Ciò indica anche un potenziale illimitato, poiché l’anima dell’Ebreo è “una parte vera e propria di D-O”. Il percorso spirituale di una persona comporta il trascendere le proprie normali abitudini e modi di pensare, per arrivare a toccare il proprio nucleo essenziale Divino. Ed allora, nel nostro procedere nella vita, ad ognuno di noi sarà data la possibilità di scoprire chi egli sia, che cosa sia D-O, e come, nella loro essenza, i due siano una cosa sola.
Passaggi attraverso l’oscurità
Nel suo percorso spirituale, una persona può trovarsi a dover affrontare delle prove, situazioni difficili che richiedono una lotta per poter continuare ad avanzare. Essendo comunque anche queste fasi del suo percorso guidate dalla Divina Provvidenza, egli dovrà rendersi conto che anche il loro scopo è positivo. Queste situazioni sono, per prendere a prestito un’espressione dei nostri Saggi, una discesa al fine di un’elevazione. Due sono le ragioni che sono date del perché una persona debba affrontare tali prove. 1) Per tirar fuori le forze più profonde, nascoste ed essenziali della sua anima. Fin tanto che una persona non ha da affrontare alcuna prova, gli sarà sufficiente contare sulle sue forze ordinarie; egli non avrà bisogno di arrivare fino al nucleo più centrale del suo essere. Trovandosi invece a dover affrontare delle prove, egli ingaggerà le risorse spirituali più profonde ed interiori del suo essere. 2) Nel processo di superamento di queste prove, la persona eleva le scintille Divine che esse contengono. Tutta l’esistenza, infatti, è mantenuta in essere dall’energia creatrice Divina, che si veste di essa. Avendo D-O desiderato la creazione di un mondo fisico, questa energia Divina si nasconde dentro la sostanza materiale del mondo e, come risultato di questo ascondimento, sorgono le prove. Superando queste prove, la persona rivela la natura Divina interiore dell’esistenza. Il percorso spirituale di una persona, inoltre, non deve essere un ‘viaggio’ solitario. Al contrario, uno dei segni che indica il progredire della persona è la sua capacità di ispirare anche altri ad unirsi in questa impresa.
La promessa della Terra d’Israele
L’adempimento al comando Divino di Avraham di lasciare i limiti dell’esistenza materiale (Lèch Lechà) si estende e si realizza negli sforzi dei suoi discendenti per trasformare la Terra d’Israele in una dimora per D-O. Nella sua completezza, la promessa della Terra d’Israele non si realizzerà fino all’era della Redenzione, ed in questo senso, il viaggio di Lèch Lechà rimane un’impresa in corso per tutti i discendenti di Avraham. Fino all’arrivo di Moshiach, noi siamo in uno stato di cambiamento continuo, che ci richiede di ‘andare oltre i limiti del nostro attuale livello spirituale, sforzandoci di portare noi stessi e l’ambiente che ci circonda al suo compimento finale.
(Adattato da Likutèi Sichòt, vol. 5, pag. 57; vol. 20, pag. 59, pag. 30; vol. 25, pag. 52; Sefer ha Sichòt, 5750 pag. 96)
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