Non esistono precetti più importanti e precetti meno importanti Pubblicato il 20 Agosto, 2024
Ogni precetto è parte della volontà superiore, della volontà infinita del Santo, benedetto Egli sia. E agli occhi di D-O, tutti i precetti hanno la stessa medesima importanza.
“E avverrà che, in seguito all’aver dato ascolto” (Devarìm 7:12)
Nella Torà, ogni particolare è preciso al massimo grado. Anche la preferenza di un termine ad un altro non è casuale. All’inizio della parashà Èkev, la Torà sceglie di usare appunto questo termine ‘èkev’: “Ve haià èkev tishmeùn” (E avverrà che, in seguito (èkev) all’aver dato ascolto…). I nostri Saggi ci spiegano che, con la scelta di questo termine, la Torà allude ai “precetti lievi che l’uomo non tiene in gran conto” e che Rashi definisce “i precetti leggeri che l’uomo è solito calpestare con il suo tallone / èkev’)”. La Torà ci mette in guardia qui, affinché noi osserviamo con la massima precisione anche i precetti più leggeri.
Di cosa ebbe timore Davìd?
A proposito di ciò, il Midràsh racconta che il re Davìd non temeva per i precetti più gravi; quelli ovviamente era molto attento e preciso nel compierli. Egli temeva per i precetti più lievi, quelli che “l’uomo è solito calpestare con il suo tallone”, che temeva di non osservare con la dovuta attenzione. Riguardo a questo, egli disse nei Salmi: “Mi sento circondato dai precetti che ho calpestato” (Salmi 49:6). Riflettendo sulla cosa, sorge una domanda: perché il re Davìd temeva per i precetti lievi? Qualcuno potrebbe mai anche solo lontanamente pensare che il re Davìd mancasse della benché minima attenzione nel compiere i precetti di D-O? È il re Davìd stesso infatti a dire: “Anche il Tuo servo osserva le Tue leggi scrupolosamente” (Salmi 19:12). Da qui risulta chiaro che egli era assolutamente attento e preciso anche nel compimento dei precetti più lievi. Di cosa aveva paura, allora?
Non classificare
Dobbiamo dire quindi, che non si tratta di una mancanza nell’osservare questi precetti, o di una mancanza di considerazione verso di essi. Il timore qui è in rapporto al fatto stesso di classificare i precetti, di determinare cha alcuni sono ‘lievi’, mentre altri sono ‘gravi’. È rispetto a questa cosa che la Torà ci mette in guardia. Un Ebreo può osservare tutta la Torà e tutti i suoi precetti, in tutti i suoi particolari e dettagli, eppure sentire una differenza fra un precetto e l’altro. Alcuni precetti appaiono più importanti ai suoi occhi, mentre altri (pur compiendoli) gli sembrano secondari, meno importanti. Questo approccio è sbagliato e anche piuttosto pericoloso. Non si può, è assolutamente vietato giudicare i precetti semplicemente secondo il nostro intelletto. L’intelletto, che segue sempre la logica e la comprensione, tende a classificare i precetti, considerandone alcuni più importanti di altri. Ma dove troviamo che sia la logica a stabilire il valore dei precetti? Noi infatti osserviamo i precetti poiché D-O ci ha comandato di farlo, e chi può arrivare al segreto pensiero di D-O e alla profondità delle Sue intenzioni?
Non vi è divisione
Ogni precetto è parte della volontà superiore, della volontà infinita del Santo, benedetto Egli sia. E agli occhi di D-O, tutti i precetti hanno la stessa medesima importanza, poiché essi sono parte della Sua stessa volontà, e la volontà di D-O non può essere suddivisa. E allora, anche ai nostri occhi i precetti devono risultare completamente equivalenti, e noi dobbiamo osservarli tutti con la massima gioia, dedizione e precisione. Su questo la Torà ci mette in guardia, nelle nostra parashà, e ci promette molte benedizioni se saremo attenti a compiere con la massima dedizione e perfezione anche quei precetti che potrebbero sembrarci più ‘lievi’. La ricompensa di ciò sarà: “L’Eterno, il tuo Signore, manterrà con te il patto e userà la bontà che ha giurato ai tuoi padri” (Devarìm 7:12).
(Da Likutèi Sichòt, vol. 19, pag. 89)