Non temere il buio Pubblicato il 21 Ottobre, 2024
Simchàt Torà conferisce la forza necessaria ad affrontare la vita quotidiana, i giorni ‘grigi’, quando non siamo più immersi nei picchi spirituali delle feste.
“In quel luogo morì Moshè, il servitore di D-O” (Devarìm 34, 5)
Nel giorno di Simchàt Torà si legge la parashà VeZòt HaBerachà, che si conclude con il racconto della morte di Moshè Rabèinu. Anche l’haftarà, che ha sempre un nesso con la parashà, inizia con: “Dopo la morte di Moshè, servo di D-O…”. Apparentemente, questa lettura è in contraddizione con lo spirito e l’essenza della festa di Simchàt Torà. Questo è infatti un giorno di massima gioia, tanto che da esso attingono gioia tutti gli altri giorni dell’anno. È opportuno quindi che proprio in un giorno simile si legga di un evento così doloroso come la morte di Moshè Rabèinu?
Affrontare il quotidiano
Una analisi più profonda, ci porta a scoprire che non solo non vi è qui alcuna contraddizione, ma che proprio dalla lettura di questo evento si rivela l’essenza interiore del giorno di Simchàt Torà. Questa festa segue tutte le altre feste di Tishrei e segna il loro termine. Essa è chiamata atzèret (assemblea), Sheminì Atzèret, poiché in essa vengono ‘assemblati’ ed interiorizzati tutti i contenuti spirituali delle feste che l’hanno preceduta. Simchàt Torà è quindi la fonte di energia per la vita quotidiana, che ricomincia dopo questo periodo di feste. Provare un’elevazione spirituale nei giorni che vanno da Rosh Hashanà a Yom Kippùr, per non parlare di Yom Kippùr stesso, e nella festa di Succòt, non è un evento straordinario. La vera prova è vivere con i contenuti e i profondi concetti spirituali delle feste, anche durante i giorni normali. Questo è ciò che contraddistingue Simchàt Torà: conferire la forza necessaria ad affrontare la vita quotidiana, i giorni ‘grigi’, quando non siamo più immersi nei picchi spirituali delle feste.
L’epoca dei miracoli
Per questo, proprio a Simchàt Torà leggiamo della morte di Moshè Rabèinu. Tutta la durata della vita di Moshè Rabèinu fu un’epoca di continui miracoli manifesti e di grande rivelazione Divina. I Figli d’Israele videro di fatto all’opera la mano di D-O, dai miracoli in Egitto all’apertura del Mar Rosso, fino a quelli vissuti nel deserto giorno per giorno. Non fu solo la manna a scendere dal cielo per merito di Moshè, ma anche tutti gli altri miracoli avvennero per suo merito. Persino il pozzo per merito di Miriam, e le Nubi della Gloria per merito di Aharòn, erano collegati a Moshè. Per questo, dopo la morte di Aharòn e di Miriam, il pozzo e le Nubi della Gloria tornarono per merito di Moshè.
Non bisogna lasciarsi impressionare
Dopo la morte di Moshè Rabèinu cessarono questi miracoli quotidiani ed iniziò un’epoca di ascondimento. Nonostante D-O faccia miracoli sempre e ad ogni momento, questi, per la maggior parte, non sono manifesti, tanto che chi li vive non se ne rende conto. In un’epoca simile è difficile conservare la fede e l’attaccamento a D-O in tutto il loro vigore. Eppure, proprio questo nostro affrontare un simile periodo è prezioso agli occhi di D-O, dato che ciò costituisce lo scopo stesso della creazione. Per questo, dopo la scomparsa di Moshè, D-O disse a Yehoshua: “Sii fermo e risoluto”. Il messaggio di D-O è che non bisogna lasciarsi impressionare dal buio e dall’ascondimento Divino, ma bisogna rivelare anche in esso la verità Divina. È questo il collegamento fra la morte di Moshè e Simchàt Torà, poiché entrambi conferiscono la forza particolare necessaria ad affrontare quest’epoca di ascondimento e di mancanza di rivelazione del Divino, e di scoprire proprio in essa la luce della redenzione.
(Vigilia di Simchàt Torà 5715)