Nutrirsi della fame Pubblicato il 9 Ottobre, 2024

La santità dell’Ebreo nel giorno di Yom Kippùr è tale, da far sì che la vitalità stessa ed il nutrimento fisico e spirituale dell’Ebreo gli derivino proprio dal suo digiuno.

Due livelli di teshuvà
Esistono due livelli di teshuvà (pentimento, ritorno a D-O). Il livello più basso, che è chiamato teshuvà tataàteshuvà inferiore, e il livello più elevato, che è quello della teshuvà ilaàteshuvà superiore. Secondo la Chassidùt, il servizio della teshuvà pertinente ai Dieci Giorni di Teshuvà (il periodo che va da Rosh HaShanà a Yom Kippùr) è quello della teshuvà ilaà. Yom Kippùr, in quanto conclusione e culmine di questo periodo dedicato completamente alla teshuvà, esprime quindi il massimo livello e lo stato più completo della teshuvà ilaà. È a questa condizione così elevata di teshuvà che allude il verso della Torà: “Poiché in questo giorno, vi sarà concessa espiazione” (Vaikrà 16:30). Il verso non dice però che HaShem o Elokìm, o qualsiasi altro appellativo Divino, concede l’espiazione, ma semplicemente che “vi sarà concessa espiazione.” Questo, poiché l’espiazione raggiunta a Yom Kippùr, la forma più elevata di teshuvà ilaà, arriva a toccare l’Essenza Stessa di D-O, Che trascende ogni Suo appellativo e possibile descrizione. In generale, la teshuvà ilaà allude alla completa adesione ed unione dell’Ebreo a D-O: “Israel e il Santo, benedetto Egli sia, sono veramente una cosa sola.” Questo aspetto trova la sua massima espressione a Yom Kippùr, il “giorno dell’anno” la cui unicità sta nel fatto che in esso l’Ebreo serve D-O dall’essenza stessa della sua anima, la yechida. Essendo la teshuvà ilaà connessa all’unione assoluta che lega l’Ebreo a D-O, ne deriva che un livello di servizio così eccelso e privilegiato debba essere svolto con grande gioia, la gioia di aver meritato la possibilità di un simile servizio Divino.

Lo studio della Torà
Più specificamente, il tema della teshuvà ilaà trova espressione nell’unità che si esprime con lo studio della Torà, che lega completamente l’Ebreo a D-O. La Torà va studiata manifestamente con gioia, come è scritto: “i precetti di D-O sono retti, essi rallegrano il cuore” (Salmi 19:9). In particolare, l’aspetto della teshuvà ilaà di Yom Kippùr legato alla Torà, si riferisce alle seconde Tavole della Legge, che furono date appunto a Yom Kippùr, e che simbolizzano l’aspetto e la qualità del pentimento. Fu allora infatti che D-O disse a Moshè: “Io ho perdonato (il popolo Ebraico), così come hai chiesto – con tutto il cuore” (Rashi su Shemòt 33:11). Manifestando l’Ebreo uno stato di teshuvà ilaà così eccelsa a Yom Kippùr, è chiaro che D-O lo rifornisca di tutto ciò che ritiene egli necessiti, sia materialmente che spiritualmente, consentendo all’Ebreo uno stato di grandissima gioia.

Perché digiuniamo?
Secondo quanto detto, resta ora da comprendere il motivo del nostro digiuno e delle altre privazioni fisiche che caratterizzano Yom Kippùr. Il digiuno e le altre privazioni non sono forse l’esatto opposto della soddisfazione di tutte le nostre necessità? Di fatto, la teshuvà di Yom Kippùr, il legame che si raggiunge con D-O per mezzo della teshuvà ilaà in questo giorno, è così profondo da trascendere i concetti di “superiore” e “inferiore”, materiale e spirituale. Esso permea ogni aspetto dell’esistenza della persona, compreso il corpo fisico. Sorprendentemente, questo stato straordinario lo si raggiunge proprio attraverso il digiuno e le altre auto-privazioni di Yom Kippùr, poiché la santità dell’Ebreo in questo giorno è tale, da far sì che la vitalità stessa ed il nutrimento fisico e spirituale dell’Ebreo gli derivino proprio dal suo digiuno. Per questo il verso che dice: “Egli dà loro vita attraverso la fame” (Salmi 33:19), attesta l’esistenza di livelli – simili a quelli del Mondo a Venire, nel quale “non si mangerà e non si berrà” (Berachòt 17a) – nei quali la vitalità e il nutrimento, sia spirituale che fisico, derivano all’uomo dalla “fame” stessa. Al contrario degli altri giorni dell’anno, la forza vitale che è fornita per il mantenimento del corpo e dell’anima, a Yom Kippùr deriva dal corpo stesso, in modo simile a ciò che sarà nel Mondo a Venire, quando l’anima trarrà il suo nutrimento dal corpo. Fisiologicamente, la cosa non è difficile da afferrare, poiché anche in senso medico, quando una persona digiuna, il corpo, che richiede costante nutrimento, non lo deriva allora dal cibo, ma dall’energia precedentemente immagazzinata nel corpo stesso. Di fatto, a Yom Kippùr noi vediamo bene come l’impatto della teshuvà ilaà di questo giorno sulla persona, faccia sì che il suo stesso corpo funga da sorgente di vitalità, sia per il corpo che per l’anima.

Uno stato di vera completezza
Quindi, invece di essere in uno stato di deprivazione, a Yom Kippùr l’Ebreo raggiunge uno stato di vera completezza, dove il cibo cessa di essere una necessità. Dato che tutte le sue necessità vengono soddisfatte anche senza bisogno di cibo o bevande, si comprende ora come la persona sia in grado di ottenere il grado di grande gioia richiesto dal livello così elevato della teshuvà ilaà. E tutto ciò funge da precursore della generosa benedizione Divina del tempo della Redenzione vera e completa, quando l’uomo raggiungerà il suo stato più completo. E questo stato così elevato l’uomo lo raggiunge, pur trovandosi in questo mondo fisico.
(Da Likutèi Sichòt, vol.1, pag. 27-31)

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