Quando il buio stesso illumina Pubblicato il 28 Aprile, 2024

Nel tempo dell’esilio regnano ascondimento ed occultamento. Non è sufficente per noi, però, cercare di sopraffarli o di ignorarli; l’Ebreo deve invece trasformare l’occultamento stesso in luce.  

“E vi era la nube ed il buio ed illuminava la notte” (Shemòt 14:20)
Nel Settimo Giorno di Pèsach si verificò il grande miracolo: l’apertura del Mar Rosso. Ciò accadde sul far del mattino. Prima, però, durante tutta la notte, regnò una condizione del tutto prodigiosa: gli egiziani, che stavano inseguendo gli Ebrei, non poterono accostarsi, a causa di una colonna di nube che si frappose, in modo da dividere gli Ebrei dagli egiziani: “E vi era la nube ed il buio ed illuminava la notte”. Questo verso comprende in sé due opposti: il buio è l’opposto della luce. Se vi fu “la nube ed il buio” in quel luogo, avrebbe dovuto regnarvi l’oscurità più assoluta, mentre la Torà dice che, proprio questa condizione, “illuminava la notte”. Nel suo commento, Rashi ci spiega che il verso va letto come se fosse scritto “e vi era la nube ed il buio” per gli egiziani, mentre la colonna di fuoco “illuminava la notte” per i figli d’Israele.

La fonte della luce
La Chassidùt spiega però che il significato profondo del verso è proprio nella sua versione letterale. In quella stessa notte si verificò una situazione sorprendente: “La nube ed il buio, ed illuminava”. La nube ed il buio stessi illuminarono la notte. In genere, lo scopo al quale si aspira è quello di annullare il buio, in modo che esso sparisca ed al suo posto venga la luce. Nella notte precedente l’apertura del Mar Rosso, invece, accadde qualcosa di gran lunga superiore a ciò: il buio stesso si trasformò, divenendo fonte di luce e rivelazione.

Il mare è chiamato occultamento
Questa fu una preparazione all’apertura del mare, il cui significato profondo è quello dell’infrangersi di tutti i diaframmi che vengono a nascondere e ad occultare. L’apertura fisica del mare fu il riflesso di un potente processo spirituale, nel quale si aprì il ‘mare’ di occultamento, che nasconde la verità Divina. In quella notte si annullò ogni occultamento, fino ai livelli più elevati, e si rivelò D-O Stesso, l’essenza infinita del Santo, benedetto Egli sia. Ad una rivelazione così poderosa si poté arrivare proprio perché prima avevano regnato l’ascondimento e l’occultamento (“la nube ed il buio”), solo che in quella notte si rivelò il loro fine: il vero scopo dell’occultamento non è quello di perpetuarsi, ma proprio l’opposto, quello di portare ad una maggiore rivelazione. Questo è il significato del buio stesso che illumina, e cioè il rivelarsi della sua vera funzione.

La trasformazione dell’occultamento nella Redenzione
Della Redenzione futura è detto: “Come nei giorni della vostra uscita dalla terra d’Egitto, vi mostrerò cose meravigliose”. Così come l’apertura del Mar Rosso avvenne in seguito al trasformarsi del buio in luce, anche la Redenzione futura arriverà grazie all’illuminarsi del buio. Nel tempo dell’esilio regnano ascondimento ed occultamento. Non è sufficiente per noi, però, cercare di sopraffarli o di ignorarli; l’Ebreo deve invece trasformare l’occultamento stesso in luce. Bisogna sfruttare l’esistenza stessa dell’occultamento, affinché per suo tramite possa prodursi un potenziamento del servizio Divino. Attraverso un simile servizio si arriverà alla purificazione completa del mondo, al tempo della Redenzione, ed allora non vi sarà più bisogno di fuggire dal male (come accadde invece al momento dell’uscita dall’Egitto: “poiché il popolo fuggì”). Nella Redenzione futura, infatti, “non andrete in fuga”. Nel tempo della Redenzione, la luce Divina risplenderà dentro il corpo fisico, al punto tale che esso non nasconderà più in alcun modo la luce dell’anima, ed anzi, esso stesso illuminerà e rivelerà la Presenza Divina.
(Toràt Menachem, vol. 2, pag. 42)

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