Ricevere per merito e non per carità Pubblicato il 22 Agosto, 2024
Quando l’Ebreo adempie ai precetti con sottomissione e auto-annullamento, si viene a riconoscere pienamente in ciò come egli serva veramente D-O e compia la Sua volontà!
“E avverrà che in seguito all’aver dato ascolto”
A volte, fra amici o persone care si usa stringere un patto o scambiarsi un giuramento. Lo scopo del patto o del giuramento è quello di conferire un valore perpetuo al sentimento d’affetto che li lega. Chi stringe un patto con qualcuno o gli giura fedeltà, si impegna con questo a conservare il suo legame con lui, qualsiasi cosa succeda. All’inizio di parashà Èkev, la Torà dice: “E avverrà che in seguito all’aver dato ascolto a queste leggi”, e in base a ciò promette la ricompensa: “l’Eterno, il tuo Signore manterrà con te il patto e la bontà che ha giurato ai tuoi Padri” (Devarìm, 7:12). Si pone qui la domanda: se si viene ricompensati per aver osservato la Torà e i precetti, allora l’Ebreo che osserva la Torà merita la propria ricompensa grazie al suo lavoro, e non per il patto e il giuramento stipulato con i padri; e se invece la ricompensa arriva per merito del patto e del giuramento, non dovrebbe D-O allora dare questa ricompensa in ogni caso, senza condizionarla all’osservanza della Torà?!
Non come un regalo gratuito
La spiegazione di ciò è che, effettivamente, la ricompensa arriva per merito del patto e del giuramento, ma per ricevere questa ricompensa così elevata, è necessario che essa sia preceduta da “in seguito all’aver dato ascolto”. D-O non vuole che il flusso di abbondanza che Egli elargisce alle Sue creature sia al pari del ‘pane dato per carità’, un dono per il quale le creature possano vergognarsi. Affinché l’uomo meriti veramente un bene vero e completo, D-O ha stabilito che anche le cose che gli vengono date in dono dall’alto, richiedano di essere precedute dal lavoro dell’uomo, ed allora egli riceverà infinitamente di più di quello che gli sarebbe ‘spettato’, come compenso per il suo lavoro e le sue azioni. Come arrivare a meritare questa eccelsa profusione? La Torà dice: “in seguito ad aver dato ascolto”, dove per dire ‘in seguito’ usa il termine ‘ekev’. Il termine ‘ekev’ ha due interpretazioni: 1) da un lato, si intendono quei precetti lievi, che l’uomo tende a calpestare con i suoi ‘talloni’; 2) dall’altro lato, si intende il compimento dei precetti alla fine del tempo dell’esilio, nel periodo chiamato ‘ikveta de Meshicha’, le ‘orme di Moshiach’.
Le orme di Moshiach
Ciò che accomuna le due interpretazioni è che in ambedue i casi si tratta di precetti che l’uomo compie senza sentire più di tanto la luce che essi contengono: egli non percepisce l’importanza dei precetti lievi, come anche non percepisce la luce contenuta nella Torà e nei precetti nel tempo dell’‘ikveta deMeshicha’. L’adempimento dei precetti in una simile condizione può essere solo per pura sottomissione e annullamento del sé, e non per una propria comprensione e sentimento interiore. E qui veniamo a scoprire che l’adempimento dei precetti in questa forma possiede un grande vantaggio. Quando l’Ebreo compie i precetti con coprensione e sentimento, non si riconosce tanto in ciò un servire D-O, poiché in questo modo egli fa ciò che egli stesso vuole e sente che sia giusto fare. Quando invece l’Ebreo adempie ai precetti con sottomissione e auto-annullamento, si viene a riconoscere pienamente in ciò come egli serva veramente D-O e compia la Sua volontà!
Accettazione del giogo
L’adempimento dei precetti per sottomissione (accettazione del giogo) completa e auto-annullamento davanti a D-O, senza intromissione dell’intelletto e del sentimento personale, ha la capacità di arrivare fino ai livelli più elevati, fino a D-O Stesso, e per questo, proprio in questo modo noi arriviamo a meritare la rivelazione del patto e del giuramento che D-O stipulò con i Padri. Questa è la superiorità dell’adempimento della Torà e dei precetti caratteristico della nostra epoca, quando noi non vediamo né percepiamo così tanto la rivelazione Divina, poiché in virtù di questa nostra sottomissione, proprio in questi giorni noi raggiungiamo i livelli più alti.
(Da Likutèi Sichòt vol. 9, pag. 71)