Shabàt, lo scopo della vita Pubblicato il 20 Maggio, 2024

L’Ebreo deve essere impregnato della consapevolezza del fatto che tutto lo scopo della sua vita sulla terra è preparare il mondo per il suo fine Divino: che il mondo divenga una ‘dimora per D-O benedetto’.

“Quando sarete entrati nel paese… la terra dovrà riposare: è uno Shabàt per onorare l’Eterno” (Vaikrà 25:2)
All’inizio della parashà Behàr, la Torà dice: “Quando sarete entrati nel paese… la terra dovrà riposare: è uno Shabàt per onorare l’Eterno”. Questo è il precetto della shemità, l’anno Sabbatico, come viene spiegato poi: “Per sei anni seminerai il tuo campo… e nel settimo anno la terra avrà uno Shabàt di completo riposo” (Vaikrà 25:3-4). L’ordine con il quale vengono presentate qui le cose suscita una domanda: da come si esprime la Torà, sembra che, immediatamente in seguito a “quando sarete entrati nel paese”, ci si debba astenere dal lavorare la terra, “la terra dovrà riposare: è uno Shabàt per onorare l’Eterno”. Ma le cose non stanno così, in quanto prima devono trascorrere sei anni di lavoro, e soltanto allora si arriva all’anno di shemità. E così di fatto andarono le cose: dopo i 14 anni in cui si compì la conquista della terra d’Israele e dopo la sua spartizione fra le tribù, arrivarono i sei anni di lavoro della terra, e solo alla fine di questi, si poté osservare l’anno Sabbatico.

Lavoro per la santità
Sembra che così la Torà venga ad insegnarci quale sia lo scopo di tutto il lavoro durante i sei anni. L’uomo è portato a pensare che lo scopo principale sia il lavoro della terra durante i sei anni di lavoro, mentre la shemità è un’altra cosa, a se stante. La Torà ci insegna che tutto lo scopo di “Quando sarete entrati nel paese” e dei sei anni di lavoro di aratura e semina sia: “la terra dovrà riposare: è uno Shabàt per onorare l’Eterno”. Nonostante l’ordine delle cose nella realtà veda arrivare prima i sei anni di lavoro e solo dopo, l’anno di shemità, l’Ebreo deve ricordarsi sempre che la shemità è lo scopo. L’Ebreo deve ricordare sempre che tutto il lavoro dei sei anni non è che per arrivare al settimo anno, l’anno di shemità, l’anno di santità e spiritualità. A questo fine D-O ci ha dato la Terra d’Israele, affinché noi introduciamo la santità – lo “Shabàt per onorare l’Eterno” – nella vita pratica.

Verso il settimo millennio
In senso più lato, vi è qui un’allusione alla vita in generale dell’uomo. Si sa che la vita in questo mondo è composta da seimila anni di azione, e dal settimo millennio, che è “Shabàt e riposo per l’eternità”. La Torà qui ci dice con un’allusione: “Quando sarete entrati nel paese” – quando l’anima scende nella terra inferiore, in questo mondo, per i seimila anni di lavoro, essa deve sapere che lo scopo è: “la terra dovrà riposare: è uno Shabàt per onorare l’Eterno”, arrivare al settimo millennio, l’epoca dello ‘Shabàt’. L’Ebreo deve essere impregnato della consapevolezza del fatto che tutto lo scopo della sua vita sulla terra è preparare il mondo per il suo fine Divino: che il mondo divenga una ‘dimora per D-O benedetto’, cosa che si realizzerà pienamente nel settimo millennio.

Shabàt ogni giorno
Così, anche per la vita di ogni giorno: secondo la natura delle cose, la maggior parte delle ore della giornata sono dedicate alle attività quotidiane: lavoro, necessità materiali varie, ecc. Ma l’Ebreo deve ricordare che lo scopo è lo ‘Shabàt’, la santità. Le ore dello studio della Torà e della preghiera sono il vero scopo del lavoro di tutto il giorno. Con questa consapevolezza, l’Ebreo inizia la sua giornata, come è detto nel Shulchàn Arùch, che subito al suo risveglio l’uomo deve ricordare davanti a Chi egli si trova, mentre è ancora disteso a letto, ed è questo che egli esprime, quando dice “Modè ani lefaneCha”. Questo è infatti lo scopo di tutta la vita: servire D-O e farLo risiedere nel mondo dell’azione.

(Dal Sèfer HaSichòt 5750, vol. 5, pag. 471)

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