Shabàt nei giorni feriali Pubblicato il 31 Gennaio, 2024
Lo Shabàt ha il proposito di elevare la vita materiale e di introdurvi santità. Anche nei giorni della settimana, l'Ebreo, pur occupandosi delle faccende quotidiane, introduce in esse santità, rendendole "secolari secondo la purezza della santità".
“Ricorda il giorno di Shabàt per santificarlo” (Shemòt 20:8)
Nei Dieci Comandamenti è compreso il precetto di osservare lo Shabàt, come è detto: “Ricorda il giorno di Shabàt per santificarlo”. Cosa bisogna fare per ricordare il giorno di Shabàt e santificarlo? Così stabilisce il Rambam: “Bisogna ricordarlo alla sua entrata e alla sua uscita: all’entrata con il kidùsh e all’uscita con l’havdalà“. Il kidùsh e l’havdalà sono quindi il modo con cui ci è ordinato di ricordare lo Shabàt. Per mezzo del kidùsh noi ricordiamo lo Shabàt e lo santifichiamo al suo ingresso, e con l’havdalà lo facciamo alla sua uscita.
Ricordare in ogni momento
La domanda che sorge qui è: dove si parla dell’havdalà nel verso citato? Il precetto riguarda il ricordare lo Shabàt per santificarlo, e non contiene apparentemente alcuna allusione all’obbligo dell’havdalà, all’uscita dello Shabàt. C’è chi deduce l’obbligo dell’havdalà dal verso “per distinguere (lehavdil) fra il sacro e il profano” (Vaikra 10:10), ma il Rambam non segnala questo verso, e si basa piuttosto solo sul verso “Ricorda il giorno di Shabàt per santificarlo”. Dobbiamo dedurre quindi che, secondo il Rambam, si possono trarre da questo verso entrambi gli insegnamenti: il kidùsh e l’havdalà. C’è da dire che, secondo il Rambam, la Torà non intende solo che noi dobbiamo santificare lo Shabàt, ma anche ricordare ogni giorno ed ogni momento la sua santità. Per questo non è sufficiente il kidùsh all’entrata dello Shabàt, ma è necessaria anche l’havdalà alla sua uscita: distinguere cioè fra di esso e fra i giorni della settimana, per evidenziare l’unicità dello Shabàt, anche quando torniamo ai giorni feriali.
Kidùsh e havdalà
Si tratta di due parti del comando “Ricorda il giorno di Shabàt per santificarlo”: “per santificarlo” – all’entrata dello Shabàt, tramite il kidùsh; “ricorda” – per ricordare lo Shabàt tutto il tempo, anche nei giorni della settimana, e l’espressione di ciò è l’havdalà. Questa spiegazione è coerente con quanto è detto nei libri, e cioè che l’intento più profondo della benedizione dell’havdalà è quello di far penetrare la santità dello Shabàt nei giorni feriali che lo seguono. Grazie ad essa, la santità dello Shabàt viene attratta anche nei giorni della settimana e li penetra, lasciando anche in essi il suo segno.
Secondo la purezza della santità
Lo Shabàt ha il proposito di elevare la vita materiale e di introdurvi santità. Questo compito comprende due parti: lo Shabàt stesso, nel quale l’Ebreo si eleva completamente al di sopra delle faccende di tutti i giorni e si occupa solamente di santità; i giorni della settimana, nei quali, pur occupandosi delle faccende quotidiane, egli introduce anche in esse santità, rendendole “secolari secondo la purezza della santità”. Tramite questa attività combinata, noi osserviamo lo Shabàt nel modo più completo e meritiamo la ricompensa che D-O ci dà per questo, come scrive il Rambam al termine delle halachòt dello Shabàt: “Allora ti delizierai in onore del tuo Signore, ti farò salire sulle alture della terra, ti farò nutrire col retaggio di tuo padre Yacov, poiché la bocca del Signore ha parlato” (Isaia 58:14).
(Da Likutèi Sichòt, vol. 31, pag.99)