Simchàt Beit HaShoevà Pubblicato il 21 Ottobre, 2024

Quando pensiamo che la gioia sia arrivata al suo culmine, scopriamo che esiste un livello ancora più grande, senza limite, una gioia profonda e immotivata, una gioia pura ed essenziale, che trova la sua massima espressione nella Simchàt Beit HaShoevà

Una  gioia particolare   

   Delle tre feste menzionate nella Torà, Pèsach, Shavuòt e Succòt, l’obbligo di rallegrarsi viene enfatizzato in modo molto maggiore in quella di Succòt. Riguardo questa festa, infatti, la Torà comanda per tre volte di rallegrarsi, mentre il comando di rallegrarsi a Shavuòt compare solo una volta, e nessuna, riguardo a Pèsach. Con la gioia di Succòt vi è quella della Simchàt Beit HaShoevà (la celebrazione che accompagnava la mizvà di attingere l’acqua, da versare come libagione sull’altare del Tempio), della quale i nostri Saggi dicono: “chiunque non abbia visto la Simchàt Beit HaShoevà, non ha mai visto gioia in tutta la sua vita.” Dopo il primo Giorno di Festa, aveva inizio la celebrazione nel Tempio, che si protraeva per tutta la notte. L’ ‘orchestra’ suonava, i cantori intonavano melodie, mentre altri danzavano, saltavano e piroettavano, battevano le mani e fischiavano. Si ricorda persino che il grande Saggio del Talmùd, Rabbàn Shimòn ben Gamlièl, faceva il giocoliere, con otto torce infuocate in una volta. I festeggiamenti continuavano durante tutto Chol HaMoed di Succòt, ad eccezione dello Shabàt, ogni pomeriggio fino alla sera, e da lì ancora fino all’alba. Rabbi Yehoshùa ben Chananyà disse: “nel celebrare la Simchàt Beit HaShoevà, i nostri occhi non conobbero mai il sonno.” Quando si rendeva necessario, essi facevano riposare le loro teste, appoggiandole sulle spalle dei loro compagni.

     Come il vino e come l’acqua

    Durante tutto l’anno,  il vino era l’unica libagione che veniva versata sull’altare del Tempio. E come il vino è inebriante e provoca gioia, è fragrante e colorato ed ha un buon sapore, così esso rappresenta il servizio Divino, che viene svolto, perché vi si trova un senso (gusto), perché si riconosce un piacere ed un beneficio  palese, nell’improntare la propria vita, secondo la Torà e le mizvòt. Per tutto l’anno, noi dedichiamo la maggior parte del nostro tempo, a servire D-O, cercando di collegaci a Lui per una via, che mette in rilievo l’indubbio beneficio, che comporta il fatto di essere Ebrei. In pratica, ciò significa sviluppare un apprezzamento per la Torà e le mizvòt, in modo da vederle come qualcosa di emozionante e significativo, qualcosa di interessante e vivo, qualcosa che abbia gusto, colore, fragranza e che sia inebriante.
L’acqua, invece, è priva di sapore, colore, fragranza ed effetto inebriante. Celebrando ciò che l’acqua rappresenta, nella Simchàt Beit Ha Shoevà, una volta all’anno, noi ci rivolgiamo ad un collegamento con D-O, che va al di là del nostro apprezzamento personale, della nostra possibilità di trarne piacere. In definitiva, noi serviamo D-O, non perché ciò abbia per noi senso, perché vi troviamo una ragione, e neppure perché da ciò ce ne derivi un guadagno; noi serviamo D-O, semplicemente poiché noi siamo uno con Lui e perché è Sua volontà, che noi viviamo una vita di Torà e mizvòt. Questo è il collegamento essenziale, che unisce un Ebreo a D-O, ed esso viene celebrato nella più pura ed essenziale forma di gioia, caratteristica della Simchàt Beit HaShoevà.

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