Tre elogi Pubblicato il 29 Settembre, 2024

Nella cantica di Ha'azìnu, Moshè cita le speciali qualità del popolo d’Israele

“Egli lo trovò in una terra deserta” (Devarìm 32:10)
Nella cantica di Ha’azìnu, Moshè cita le speciali qualità del popolo d’Israele e, fra l’altro, dice: “Lo trovò in una terra deserta”. Il significato letterale del testo è che D-O trovò il popolo d’Israele nel deserto. Questa spiegazione però non è così comprensibile, poiché D-O non trovò il popolo d’Israele nel deserto, ma molto prima di allora, in Egitto. Per questo, Rashi dà un’altra interpretazione: “Fu loro che Egli trovò fedeli a Lui in una terra deserta, quando essi accettarono su di loro la Sua Torà, il Suo regno e il Suo giogo – cosa che non avevano fatto Ishmaèl ed Essàv”. Questo viene a dire che è un elogio speciale per il popolo d’Israele il fatto che D-O li abbia trovati fedeli a Lui nel deserto, e questo elogio comprende tre meriti: il fatto che abbiano accettato su di loro la Sua Torà, il Suo regno e il Suo giogo.

Il merito della Torà
Questa lode si riferisce al fatto che i Figli d’Israele non si comportarono come i figli di Ishmaèl e di Essàv che, quando fu proposta a loro la Sua Torà, chiesero prima a D-O cosa vi fosse scritto e, non soddisfatti del contenuto, la rifiutarono. I Figli d’Israele, invece, mostrarono completa fedeltà a D-O ed accettarono di ricevere la Torà senza condizioni: “Faremo e ascolteremo” (Shemòt 24:7). Per questo Moshè li loda, dicendo: “Lo trovò in una terra deserta”. Come abbiamo detto, questo elogio comprende tre meriti, il primo dei quali fu che “accettarono su di loro la Sua Torà”. Si intende qui lo studio della Torà, nel quale i Figli di Israele accettarono di impegnarsi e di affaticarsi. Ciò comprende anche l’impegno ad osservare i precetti ai quali può essere data una spiegazione razionale e logica.

Il giogo del regno
Un livello più elevato nella lode al popolo d’Israele riguarda il fatto che essi “accettarono su di loro il Suo regno”. Qui si manifesta un livello più profondo di fedeltà a D-O, essendo i Figli d’Israele pronti ad accettare il regno di D-O e a compiere i precetti come decreti del Re, sui quali non si discute e non si pongono domande. Un livello ancora più alto è rappresentato dal fatto che essi “accettarono su di loro il Suo giogo”. Qui vi è una sottomissione completa a D-O. Accettando infatti solo il regno, l’uomo non sottomette al re la sua vita privata, ma accetta solo di obbedire ai suoi ordini che riguardano lo stato. Accettare invece il giogo del re, significa divenire suo servo e sottomettere a lui tutta la propria vita.

La ‘mezìa’ della Redenzione
Questo è l’elogio speciale rivolto al popolo d’Israele: non solo il merito a loro ascritto di aver accettato la Torà di D-O, ma anche quello di aver accettato il Suo regno, cosa che rappresenta l’annullamento assoluto ai comandi di D-O e, ancor di più, il fatto di aver accettato il Suo giogo, sottomettendo a D-O tutto il proprio essere. Grazie a questo elogio nei confronti dei Figli d’Israele, D-O si è legato a noi come ad una ‘mezìa’ – “imzehù beerez midbàr” (“Egli lo trovò in una terra desertica”). Come l’uomo è felice per una ‘mezìa’ (qualcosa di bello che si trova, un’occasione), così D-O fu felice di aver ‘trovato’ il popolo d’Israele. Ed in cambio, Egli offre anche a noi una ‘mezìa’: la Redenzione vera e completa, della quale è detto: “Ho trovato Davìd, il Mio servo, e con il Mio sacro olio l’ho unto” (Tehillìm 89:21), possa ciò avverarsi al più presto, proprio ai nostri giorni.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 34, pag. 206)

I commenti sono chiusi.