Una dimora tra i mortali Pubblicato il 11 Febbraio, 2024
“Essi erigeranno per Me un santuario ed Io dimorerò in mezzo al loro” (Shemòt 25:8:, D-O ha scelto di far dipendere la rivelazione della Sua Presenza dall’attività dell’uomo.
Una contraddizione in termini
All’inaugurazione del Tempio, re Shlomò esclamò con meraviglia: “Ma è dunque vero che D-O risiede sulla terra? Ecco, i cieli ed i cieli dei cieli non Ti possono contenere, quanto meno questa casa che io Ti ho costruito!” Il Tempio non era infatti solamente il luogo principale in cui praticare il servizio Divino; si trattava piuttosto del luogo nel quale la Presenza Divina era ed è manifesta. Nonostante “tutta la terra sia piena della Sua gloria”, la Presenza Divina non viene tangibilmente percepita. Essa permea tutta l’esistenza, ma in modo celato. Il Tempio, invece, era “il luogo dove il Signore vostro D-O avrà scelto di far dimorare il Suo nome” (Devarìm 12:11). Lì non vi era alcun ascondimento; la Sua Presenza era apertamente rivelata. Ciò sembra una cosa impossibile; apparentemente, non vi è alcun modo perché la spiritualità possa manifestarsi apertamente nel nostro mondo materiale. Infatti, per rendere possibile la creazione di un’esistenza materiale, D-O ha condensato e contratto la Sua luce ed energia vitale, così che si potesse vestire di entità materiali. Questo fu un processo assolutamente necessario: se la luce Divina si fosse infatti manifestata senza limite, avrebbe annullato tutta la materia. Per consentire al nostro mondo di continuare ad esistere in modo stabile, D-O ha predisposto questo processo di auto-contenimento, con leggi e principi vincolanti, come quelli che governano la natura. Egli ha creato un’intera struttura di mondi spirituali con lo scopo di convogliare l’energia Divina, facendola discendere di livello in livello, fino ad ottenere il grado di contrazione necessaria, affinché possa vestirsi di una forma materiale. Una rivelazione manifesta del Divino va contro tutto questo modello, sfidando i limiti che Egli Stesso ha stabilito. Tuttavia, nonostante D-O, creando il mondo, abbia limitato l’estensione della Sua rivelazione, Egli non ha limitato Se Stesso. Egli ha creato un mondo con determinati limiti, ai quali però Egli stesso non è vincolato, e che può alterare a Suo piacimento. Egli può investire la Sua Presenza nel nostro mondo materiale, ed è quello che fece nel Santuario e nel Tempio.
Nella stanza interiore di D-O
La Presenza Divina si manifestava nel Santo dei Santi, dove un miracolo perenne rifletteva la natura della rivelazione nel Tempio. La larghezza del Santo dei Santi era di venti cubiti. L’Arca dell’Alleanza, che si trovava dentro quella stanza, era lunga due cubiti e mezzo, eppure la distanza che la separava dalle pareti della stanza era, da entrambi i lati, di dieci cubiti. In altre parole, l’Arca, pur essendo materiale e dotata di misure, non occupava spazio! Nel Tempio, era necessario che ogni cosa avesse una sua precisa misura. Anche una minima deviazione dalle dimensioni richieste avrebbe reso il pezzo o la costruzione invalidi. Il fatto, quindi, che il posto dell’Arca trascendesse i limiti dello spazio, rappresenta una fusione di finito ed infinito. Questo ci comunica la natura dell’esistenza Divina. Essa trascende sia il finito che l’infinito, e tuttavia Si manifesta in entrambi. È questo che si intende quando si dice che D-O avrà scelto un luogo dove far dimorare il Suo nome: i limiti fisici del nostro mondo non verranno annullati e, pur tuttavia, lo spirituale sarà rivelato. Questa fusione di opposti ci permetterà di divenire consapevoli della Sua essenza, che trascende e comprende sia la materialità che la spiritualità.
Qual’è il contributo dell’uomo
D-O non ha voluto che questa rivelazione dipendesse soltanto dalla Sua influenza. Come emerge dal verso “Essi erigeranno per Me un santuario ed Io dimorerò in mezzo al loro” (Shemòt 25:8), Egli ha scelto di far dipendere la rivelazione della Sua Presenza dall’attività dell’uomo. Dal momento, però, che ogni rivelazione della presenza Divina trascende i limiti della nostra esistenza, l’iniziativa deve venire da Lui. Tuttavia, “D-O non permise alla Sua Presenza di posarsi su Israele, fino a che essi non ebbero compiuto l’opera”, costruendo il Santuario, dove la Sua Presenza avrebbe potuto dimorare. Perché fu necessaria l’opera dell’uomo? Poiché l’intento Divino è che la rivelazione della Sua Presenza possa essere fatta propria dal mondo, venendo a far parte del tessuto stesso della sua esistenza. Se la rivelazione venisse solo dall’alto, essa annullerebbe semplicemente il mondo, nella sua materialità. Per citare un esempio: quando D-O Si rivelò sul Monte Sinai, il mondo praticamente si fermò. “Nessun uccello cinguettò… nessun bue muggì, né il mare rumoreggiò.” Se anche il Divino si era rivelato nel mondo, l’esistenza materiale non vi aveva contribuito con alcun ruolo. Quando, invece, la dimora per D-O viene costruita dall’uomo stesso, parte del mondo materiale e la natura dei materiali usati vengono elevati. Ciò permette alla Presenza Divina di rivelarsi in queste entità, pur continuando esse ad esistere nel loro proprio contesto. Quando la rivelazione Divina viene dall’alto, dipende dalla Sua influenza, ed è perciò temporanea. Quando, per esempio, D-O scese sul Monte Sinai, la montagna divenne sacra, tanto che fu detto: “Chiunque tocchi il monte morirà” (Shemòt 19:12). Quando però la Presenza Divina si ritirò dal monte, agli Ebrei fu permesso salirvi, in quanto la natura stessa del monte non era cambiata, ed esso era rimasto una normale montagna. Riguardo al Santuario, e tanto più al Tempio, la santità divenne una parte permanente e integrante della loro esistenza fisica. E così, a proposito del versetto: “Devasterò i vostri santuari” (Vaikrà 26:31), i nostri Saggi hanno commentato: “Anche se essi sono stati distrutti, la loro santità permane.” Ed è per questo che, al nostro tempo, è proibito salire al luogo del Tempio.
Due fasi
I concetti fin qui esposti vengono evidenziati dal nome della parashà Terumà – ‘Offerta’. Il termine terumà, nei suoi ulteriori significati di “innalzamento” o “separazione”, pone l’attenzione sullo sforzo dell’uomo di stabilire una dimora per D-O. Nel seguito della parashà, la Torà dice che questa ‘offerta’ doveva includere 13 differenti articoli: oro, argento, rame…. Ciò indica che il compito dell’uomo è quello di integrare i vari elementi del mondo materiale nella dimora per D-O. Più in particolare, la doppia interpretazione del termine terumà riflette due fattori entrambi necessari per la creazione di una dimora per D-O. Primo, una persona deve designare il suo dono, separandolo dalle altre sue proprietà mondane. Poi, attraverso la sua consacrazione, la natura di quel dono si eleva al di sopra del piano materiale ordinario. Queste due fasi si relazionano ai due tipi di servizio menzionati nel verso: “allontanati dal male e fai il bene” (Salmi 34:15). Quando una persona prepara una dimora per un re, egli deve innanzitutto pulirla. Poi, egli vi introduce dei begli oggetti. In modo simile, per fare del nostro mondo una dimora per D-O, è necessaria una “separazione” per purificare la visione egocentrica indotta dall’esistenza materiale. Solo allora il mondo viene “elevato”, divenendo un mezzo per attrarre qui in basso la luce di D-O.
Non un’isola
L’intento del Tempio non fu quello di costituire un angolo isolato di santità. Al contrario, le sue finestre erano state progettate in modo tale da diffondere la luce verso l’esterno. La santità del Tempio aveva infatti lo scopo di illuminare il mondo. L’espressione più completa di questo concetto si avrà nell’Era della Redenzione. Dal “monte della casa del Signore” (Isaia 2:2) si diffonderà luce e santità, spronando tutti ad imparare le vie di D-O ed a “procedere nei Suoi sentieri” (Isaia 2:3). Queste rivelazioni dipendono dai nostri sforzi di suscitare la manifestazione della Presenza Divina. Fare delle nostre case e del nostro ambiente “dei santuari in microcosmo” farà sì che D-O riveli la Sua Presenza nel mondo.
(Da Likutèi Sichòt, vol. 3, pag. 902; vol. 16, pag. 286; vol. 21, pag. 146)