Una duplice consolazione Pubblicato il 14 Agosto, 2024

Attraverso il suo servizio, l'Ebreo ha il potere di fondere insieme le due dimensioni di spiritualità e materialità, fino alla loro unione finale e definitiva, la duplice consolazione che si rivelerà col Terzo Tempio.  

 

Nachamùnachamù
L’haftarà del Sabato chiamato Shabàt Nachamù, il primo dei sette Sabati di consolazione che seguono il 9 di Av, inizia con: “Consolate, consolate il Mio popolo.” Spiegano i nostri Saggi che i peccati del popolo Ebraico, la punizione che essi ricevono e la consolazione che, in seguito, viene loro data sono correlate fra di loro. Il popolo Ebraico peccò in modo  duplice, e per questo fu punito in modo duplice e verrà consolato in modo duplice. Vi è in questa affermazione un qualcosa di problematico. Se anche, infatti, un peccato ha una duplice natura, una persona dovrebbe ricevere una ‘dose’ unica di punizione e, dopo essersi pentito, una equivalente ‘dose’ di consolazione. La ripetizione della frase “Consolate, consolate” non vuol dire che noi riceveremo due differenti consolazioni, ma che vi sarà un’unica consolazione che avrà una duplice natura, ossia una consolazione che si relazionerà sia alla dimensione spirituale, sia a quella materiale. Questo punto si riflette nella consolazione che viene data, in riferimento al Tempio, che è anch’esso duplice, essendo  composto da una dimensione fisica e da una spirituale. Il Tempio era, infatti, un edificio materiale, ed allo stesso tempo era un Santuario per D-O, il luogo dove la Presenza Divina si rivelava in modo manifesto. Una spiritualità manifesta permeava ogni aspetto del Tempio. Per questo, l’edificio stesso era sia materiale, sia spirituale. Questa duplice natura la si trova anche nel modo in cui il Tempio e tutti i suoi arredi furono costruiti, ed anche nel servizio stesso che veniva svolto in esso. Tutti i materiali che furono usati dovettero essere consacrati e tutti i sacrifici comprendevano azioni fisiche, che dovevano essere permeate da una intenzione spirituale. Allo stesso modo, anche la distruzione ebbe questa duplice natura: essa fu, infatti, allo stesso tempo fisica e spirituale. Ed ecco che anche la consolazione dovrà essere duplice, essa dovrà comprendere sia la dimensione fisica, sia quella spirituale. Ciò si rivelerà nel Terzo Tempio, il “Santuario del Signore, costruito dalle Tue mani”, che rivelerà la massima espressione della spiritualità, in un edificio che sarà materiale, fondendo così materia e spirito in un’unica entità.

Un ‘duplice’ servizio Divino
Questa stessa fusione di materialità e spiritualità deve riflettersi nel nostro servizio Divino, che ha lo scopo di attrarre e far discendere la Presenza Divina nel mondo, trasformandolo in una dimora per la Divinità. Il mondo è stato creato in modo tale da nascondere il Divino, con la sua materialità. Il Divino ci appare, quindi, come una dimensione che viene ad aggiungersi alla nostra esistenza. Il nostro servizio della Torà e delle mizvòt comporta l’uso di oggetti materiali di questo mondo ed ha lo scopo di investire di Divinità (potere ed energia spirituale) questi oggetti. Ciò trasforma il mondo in una duplice dimora per D-O, una dimora dove spiritualità e materialità sono fuse insieme. E proprio questa sarà la meta finale di tutto il processo, quando il Divino sarà rivelato in modo manifesto nella dimensione fisica del mondo. Più precisamente, la duplice natura del servizio Divino della Torà e delle mizvòt si riflette nel fondere insieme l’adempimento della mizvà (un precetto è, in genere, un’azione fisica, che si compie con oggetti materiali) e l’intento della mizvà (il servizio spirituale che si riflette nei nostri pensieri e nei nostri sentimenti). I nostri Saggi spiegano che ogni persona è un microcosmo del mondo in generale. Nel mondo in generale, il nostro servizio comporta un lavoro atto a rivelare l’energia vitale spirituale, che è compresa nella sua materialità. Allo stesso modo, il mondo individuale di ciascuna persona ha due dimensioni: il corpo e l’anima. Il nostro servizio è quello di rivelare come queste due dimensioni siano, in realtà, una sola, e ciò è possibile, usando il nostro corpo e la nostra energia fisica come intermediari per la rivelazione dell’anima, attraverso il servizio della Torà e delle mizvòt. Questo processo fa dell’individuo un essere unificato, la cui vita è bidimensionale, combinando essa spiritualità e materialità, corpo e anima, in una singola attività: il servizio Divino.

Due dimensioni che si fondono in una
L’Ebreo non deve solo servire D-O con il servizio che riguarda da una parte il corpo e dall’altra l’anima, ma deve avvicinarsi a D-O con un servizio che fonde insieme in un tutt’unico le due dimensioni di spiritualità e materialità. In questo modo, egli rivelerà l’anima del mondo, la sua energia vitale spirituale. Questo servizio dovrà, quindi, comprendere le due dimensioni: precetti che sono essenzialmente spirituali, che coinvolgono, cioè, l’intelletto o le emozioni, dovranno essere compiuti in modo che corpo e anima si uniscano in un’unica azione. Il precetto della preghiera, ad esempio, o quelli di amare e temere D-O, che risvegliano emozioni spirituali, raggiungono la loro vera e completa espressione quando arrivano ad influenzare il cuore fisico stesso della persona, che batterà più forte, anelando verso D-O con un amore ardente. Riguardo, invece, ai precetti che richiedono un’azione fisica, essi devono essere infusi di spiritualità, e cioè, dell’intenzione spirituale del precetto stesso. Nel caso della zedakà (carità), per esempio, l’elemento essenziale del precetto è l’atto di dare al povero ciò di cui egli necessita. Si dice addirittura che, se una persona perde del denaro ed un povero lo trova, si considera come se la persona avesse adempiuto al precetto della carità. Nonostante ciò, il modo più appropriato di adempiere a questa mizvà, è quello di coinvolgere in essa anche la propria mente ed il proprio cuore. Quanto detto spiega come il peccato del popolo Ebraico fu duplice, in quanto influenzò il loro stato e quello del mondo sia spiritualmente sia fisicamente, così come la punizione che ricevettero con la distruzione del Tempio ed il successivo esilio fu di duplice natura, sia spirituale, sia materiale. Ed è attraverso un duplice servizio, che è possibile portare la fine di questo esilio e la duplice consolazione: la fusione finale e definitiva di spiritualità e materialità, che si rivelerà nel Terzo Tempio.

(Shabàt parashà Vaetchanan, Shabàt Nachamù, 13 Menachem Av 5750)

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