Una duplice visione Pubblicato il 8 Agosto, 2024

La legge ebraica stabilisce che è vietato demolire anche solo un minimo dettaglio del Tempio. Come può essere quindi che D-O abbia permesso la sua distruzione?

Due interpretazioni
La parashà Devarìm viene sempre letta nello Shabàt che precede Tishà be Av, il giorno che ricorda la distruzione del Primo e del Secondo Tempio. Questo Shabàt è anche conosciuto come Shabàt Chazòn, a motivo della prima parola dell’haftarà di questo Shabàt, che è chazòn, “visione”, e che si riferisce alla visione del profeta Isaia sulle grandi calamità che avrebbero colpito il popolo d’Israele a causa dei suoi peccati. Vi è però anche un’altra interpretazione che spiega la particolare denominazione data a questo Shabàt, ed essa ci è fornita dal grande saggio e giusto, Rabbi Levi Yizchak di Berdichev, che ci rivela come il nome di Shabàt della “visione” si riferisca al fatto che in questo giorno viene data ad ogni Ebreo una visione da lontano del futuro Tempio, il Terzo Tempio che riceveremo al tempo della Redenzione. Noi vediamo qui due interpretazioni che sembrano del tutto opposte e contrarie, e pur tuttavia entrambe attribuite alla “visione” di questo Shabàt. Come è possibile ciò?

Quando è permesso distruggere?
Per comprendere, è necessario parlare prima di un dato più generale che riguarda la distruzione del Tempio. La legge ebraica stabilisce che è vietato demolire anche solo un minimo dettaglio del Tempio, se ciò è fatto unicamente per la sua distruzione. Quanto più, evidentemente, è proibito distruggere l’intero Tempio! Noi sappiamo inoltre che anche D-O è vincolato, per così dire, agli stessi precetti che Egli ha dato al popolo Ebraico; come può essere quindi che Egli abbia permesso la distruzione del Tempio, dato che la cosa è avvenuta proprio per Sua volontà? Se il popolo Ebraico non meritava il Tempio, Egli avrebbe potuto semplicemente relegarlo in un posto nascosto, così come aveva fatto per il Santuario. L’unica situazione in cui è permesso distruggere una parte del Tempio, o anche una sinagoga, è allo scopo di restaurare l’edificio o ricostruirlo nello stesso posto. Noi siamo costretti ad affermare quindi che lo scopo della distruzione del Tempio fu quello di sostituirlo con un edificio di ancor più grande splendore. Per questo noi troviamo nel midràsh (Yalkùt Shimoni Yirmeyahu, Remez 259) che la distruzione del Tempio fu soggetta alla condizione della sua ricostruzione da parte di D-O, così che l’atto stesso della distruzione costituì, di fatto, una parte del processo di ricostruzione.

Un Tempio per l’eternità
Ciò ci porta ad una stupefacente conclusione riguardo alla distruzione del Primo Tempio, e senz’altro anche riguardo a quella del Secondo Tempio. La costruzione del Terzo Tempio non è un qualcosa che avrà inizio nel Tempo a Venire. Essa è iniziata, piuttosto, immediatamente dopo la distruzione del Secondo Tempio. Qui si trova tutto lo scopo della distruzione del Tempio: il desiderio di D-O di “rettificarlo”, di far sì, cioè, che invece di essere un edificio costruito dalla mano dell’uomo, e quindi impossibile a durare nel tempo, il Tempio venisse costruito da D-O Stesso, ricevendo così la capacità di durare per l’eternità.

Lo scopo dell’esilio
La stessa cosa vale anche per quanto riguarda l’esilio in generale ed in particolare quest’ultimo esilio. Rispetto ai nostri sensi, la Redenzione incomincia molto tempo dopo l’inizio dell’esilio. In un senso più profondo, invece, essa è incominciata con l’inizio dell’esilio stesso. Tutto lo scopo dell’esilio, infatti, è far sì che il nostro servizio durante questo tempo possa portare all’elevazione che caratterizza l’era della redenzione. Per questo, il primo momento dell’esilio è una parte integrante della redenzione che lo seguirà. Ora possiamo vedere come la contraddizione fra le due interpretazioni di Shabàt Chazòn sia solo apparente. Nell’esilio stesso, persino nei suoi momenti più oscuri (poco prima del 9 di Av), è possibile percepire il Tempio futuro. Ciò aiuta l’Ebreo a superare le difficoltà e l’oscurità dell’esilio, così che il suo servizio Divino possa essere della qualità più elevata. Sarà proprio ciò a indurre poi la rivelazione del Terzo Tempio, permettendo alla “visione” di diventare una realtà incontrovertibile: la reale e immediata rivelazione del Terzo Tempio.
(Basato su Likutèi Sichòt, vol. 29, pag. 11-17)

I commenti sono chiusi.