Una purificazione eterna Pubblicato il 25 Luglio, 2024

Moshè e Pinchàs rappresentano due vie per servire D-O. Lo scopo generale del servizio Divino è quello di purificare la materialità, trasformandola in un recipiente capace di contenere e rivelare la luce Divina. Un simile processo può svolgersi per due vie: la prima, tramite una grande rivelazione di luce Divina proveniente dall’alto, e la seconda, attraverso la purificazione della realtà fisica e la sua elevazione

sacerdoti“Ciò varrà per lui e per la sua discendenza quale patto di sacerdozio eterno” (Bamidbàr 25:12)
Alla fine della parashà di Balàk e all’inizio della parashà di Pinchàs, la Torà racconta di Pinchàs, figlio di Elazàr, figlio del sacerdote Aharòn, che fece retrocedere l’ira Divina dai figli d’Israele, quando essi peccarono con le donne di Midiàn, agendo con zelo in mezzo a loro, cosicché D-O non li annientò con la Sua indignazione. Per il suo atto, D-O gli diede una grandissima ricompensa, come leggiamo nei versi: “Ecco Io gli dono il Mio patto: la pace. Ciò varrà per lui e per la sua discendenza quale patto di sacerdozio eterno.” Sorge qui una domanda: anche Moshè Rabènu fece retrocedere l’ira di D-O dal popolo, e ciò non una sola volta, ma in svariate occasioni; eppure, nonostante ciò, non ricevette mai una simile ricompensa. Al contrario, quando, secondo il Midràsh, Moshè chiese a D-O che fossero i suoi figli ad ereditare il suo onore, il Santo, benedetto Egli sia, non glielo accordò e nominò invece proprio Yehoshùa come suo successore. Come si spiega quindi il fatto che Pinchàs abbia meritato il sacerdozio eterno, lui e la sua discendenza, per una sola volta che aveva fatto recedere l’ira Divina dai figli d’Israele?

Corpo e anima
La risposta è nascosta nelle parole “agendo con zelo in mezzo a loro”. La differenza sostanziale fra il servizio di Moshè e quello di Pinchàs è che Moshè rimosse le accuse che pendevano sul popolo d’Israele pregando, e la sua preghiera agì in alto, portando all’annullamento del decreto; Pinchàs, invece, fece retrocedere l’ira Divina con un’azione materiale, in basso, in mezzo al popolo d’Israele, azione che risvegliò i figli d’Israele al pentimento. Questa differenza si riflette anche nel sacrificarsi di Moshè e di Pinchàs: anche Moshè si sacrificò per il bene del popolo d’Israele, e lo fece fino al punto di essere pronto a veder persino cancellato il proprio nome dalla Torà, ma la sua fu una disponibilità a sacrificarsi da parte dell’anima; egli fu disponibile a sacrificare la sua spiritualità e la vita della sua anima. Pinchàs, invece, fu pronto a sacrificare la sua vita stessa, mettendosi in pericolo per salvare il popolo d’Israele: una disponibilità a sacrificarsi da parte del corpo.

Dall’alto e dal basso
Moshè e Pinchàs rappresentano due vie per servire D-O. Lo scopo generale del servizio Divino è quello di purificare la materialità, trasformandola in un recipiente capace di contenere e rivelare la luce Divina. Un simile processo può svolgersi per due vie: la prima, tramite una grande rivelazione di luce Divina proveniente dall’alto, e la seconda, attraverso la purificazione della realtà fisica e la sua elevazione. Moshè rappresenta il servizio che segue la prima via: portare l’illuminazione Divina dall’alto. Questo è proprio ciò che lo contraddistinse, essendo egli colui che ricevette la Torà sul Sinai, la Torà che viene dall’alto: “E D-O scese sul Monte Sinai”, un’illuminazione Divina dall’alto verso il basso. All’opposto, Pinchàs rappresenta la seconda via, quella del pentimento e del ritorno a D-O e della purificazione della realtà materiale, per elevarla e consentirle di divenire un recipiente adatto alla luce Divina.

Stabilità ed eternità
Il servizio di Moshè, pur essendo di un livello sommamente elevato, non si collega completamente alla realtà fisica. Per questo, subito dopo la rivelazione eccezionale dell’evento del monte Sinai, poté aver luogo il peccato del Vitello d’Oro, non essendo ancora stata purificata la realtà materiale del mondo inferiore. Questo è un tipo di servizio che non ha in sé stabilità ed eternità, e per questo Moshè non meritò che i suoi figli ereditassero il suo onore. All’opposto, il servizio di Pinchàs, che purificò la realtà del mondo inferiore, rendendola un recipiente per la luce Divina, ha in sé la qualità della stabilità e dell’eternità, e per questo proprio il suo atto gli fece meritare il “patto del sacerdozio eterno”, “per lui e per la sua discendenza dopo di lui.”
(Likutèi Sichòt, vol. 18, pag. 344)

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