“Una Torà nuova uscirà da Me” Pubblicato il 5 Novembre, 2024

Con l'avvicinarsi della Gheulà, che ormai si affaccia alle porte, il Rebbe ci trasmette l'insegnamento, che ci viene impartito dal comando che D-O diede al nostro padre Avraham:"Lech Lechà". Noi impariamo da qui qual'è il nostro compito oggi, quello di prepararci a ricevere il completamento del Matàn Torà, la rivelazione di tutti i segreti della Torà, che Moshiach porta con sé, nella rivelazione finale alla quale ci apprestiamo.  

Con la parashà di Lech Lechà inizia il racconto delle attività di Avraham Avìnu, il primo Ebreo. Partendo dal comando Divino di lasciare la sua terra natia, essa passa a descrivere il viaggio di Avraham attraverso la Terra d’Israele e la promessa che D-O gliene fece, e culmina con il racconto della sua circoncisione. Tutti questi eventi hanno una rilevanza generale, in quanto non riguardano solo Avraham, ma tutti noi in quanto suoi discendenti. Il servizio di Avraham diede inizio al periodo chiamato “i duemila anni di Torà”: con esso, cioè, si iniziò il processo di preparazione al Matàn Torà. Avraham Avìnu, addirittura, raggiunse con il suo servizio un livello di unione con D-O, simile a quello che venne raggiunto dopo il Matàn Torà. Per noi, però, è importante capire come questi argomenti ci riguardino direttamente, oggi. Non si tratta, infatti, di vedere il servizio di Avraham solo come un evento storico, che ci ha aiutato ad arrivare al nostro attuale rapporto con D-O. Noi dobbiamo ricavare da qui un concetto, che possa essere utilizzato ed applicato alla nostra vita presente.

    Sorge qui una difficoltà. Quale particolare importanza può avere per noi il servizio di Avraham, se esso servì essenzialmente di preparazione al Matàn Torà, mentre noi abbiamo già ricevuto la Torà? Ogni giorno, oltretutto, noi lodiamo D-O, “che dà la Torà”, usando il tempo presente, in quanto la Torà viene data nuovamente ogni giorno, e ad un livello sempre più elevato.  Che importanza hanno, quindi, eventi che furono di preparazione al Matàn Torà? Si potrebbe forse dire, che questa parashà è intesa essenzialmente per coloro, il cui legame con il Matàn Torà è carente. Ciò, però, non è possibile, in quanto il Matàn Torà non dipende dal servizio dell’Ebreo, ma è, piuttosto, una rivelazione che viene dall’Alto.

       Di fatto, però, è proprio questo concetto del continuo rinnovarsi del Matàn Torà, che viene a spiegare l’importanza del servizio di preparazione, che lo precede. Infatti, proprio perché la Torà viene continuamente data, noi dobbiamo continuamente prepararci a riceverla. Il servizio, che apprendiamo dalla parashà di Lech Lechà, acquista importanza anche in rapporto allo scopo finale del Matàn Torà: l’applicazione della Torà e delle Sue mizvòt nel nostro mondo, in particolare riguardo all’insediamento nella Terra d’Israele e, più in generale, al nostro servizio di “fare di questo luogo la Terra d’Israele” (‘Erez’, terra, è connessa alla parola ‘razòn’, volontà; ovunque, quindi, l’Ebreo compie la Volontà di D-O, egli la rende manifesta e fa di quel luogo ‘Erez Israèl’).

      Quando D-O promise la Terra d’Israele ad Avraham ed alla sua discendenza, Egli la diede di fatto in suo possesso. La particolare rilevanza che questa promessa assume per noi oggi, nell’era cioè immediatamente precedente all’arrivo di Moshiach, sta nel fatto che quella promessa riguardava le terre di dieci nazioni. All’uscita dall’Egitto, però, il Popolo d’Israele conquistò le terre di sette nazioni, mentre il completo compimento della promessa, avverrà solo con la Gheulà, nella quale anche le terre dei Kenì, Kenizì e Kadmonì saranno conquistate. Allora, anche il concetto di “Tutti i suoi abitanti vi dimoreranno” si attuerà nel modo più completo, poiché nell’Era della Redenzione, oltre alla generazione attuale, tutti gli Ebrei di tutte le generazioni, che risorgeranno con la ‘Resurrezione dei Morti’, abiteranno la Terra d’Israele. Nella nostra generazione, quindi, noi siamo ancora nel pieno del processo di preparazione alla presa di possesso della Terra d’Israele nella sua interezza, fino a comprendere le terre dei Kenì, Kenizì e Kadmonì. Ciò riguarda in particolare noi, nella nostra era presente, era nella quale, prendendo a prestito un detto del Rebbe Precedente, sono stati, ormai “lucidati anche i bottoni” (è stato dato, cioè, il tocco finale ai preparativi), e, secondo tutti i segnali, “la nostra è l’ultima generazione dell’Esilio e la prima generazione della Redenzione”. Collegato a ciò, torna anche la necessità per noi, oggi, di prepararci a ricevere la Torà. Nel tempo della Redenzione, infatti, il Matàn Torà vedrà il proprio completamento, in quanto si avrà allora la rivelazione di “Una Torà nuova da Me uscirà” (“Torà chadashà meItì tezè”, Vaykrà Rabbà 13,3), e cioè la rivelazione di tutti i segreti della Torà.

      Per ricevere questa ‘nuova Torà’, la Torà, che ci verrà data da Moshiach, noi dobbiamo oggi apprendere la lezione, che ci impartisce la nostra parashà, Lech Lechà, di lasciare, cioè, la nostra volontà, la nostra individualità, il nostro Ego, per fare la Volontà di D-O, compiendo le Sue mizvòt. Ciò permetterà di annullare la divisione fra i mondi spirituali e quelli materiali, affinché anche quelle influenze spirituali, che trascendono la natura, possano essere attratte in basso, nel nostro mondo materiale. Ciò avviene soprattutto grazie alle mizvòt, che devono essere compiute attraverso l’uso di oggetti materiali, che vengono così trasformati in articoli sacri. È così che una dimora per l’Essenza di D-O può essere stabilita in questo mondo materiale. Questo servizio ebbe inizio con il comando che D-O diede ad Avraham: “Vai via dalla tua terra, dal luogo in cui sei nato, dalla tua casa paterna.” Avraham ricevette questo comando all’età di 75 anni, dopo che egli aveva compiuto già innumerevoli azioni volte a servire D-O, come riconoscere il proprio Creatore, diffondere nel mondo la consapevolezza della Sua esistenza, ed essere pronto a sacrificare la propria vita per D-O. Nonostante ciò, la Torà non parla esplicitamente di queste sue azioni, poiché esse non rappresentano che i suoi sforzi umani limitati di vivere in un modo spirituale. Con il comando “Lech Lechà”, Avraham si staccò da questo contesto di limitatezza ed iniziò il suo servizio, volto ad annullare le limitazioni, che separano lo spirito dalla materia. Questa unione fra e materia e spirito, raggiunta da Avraham,  trovò la sua espressione più completa nella mizvà della circoncisione, “un patto impresso nella carne”, che fornisce al nostro stesso corpo una dimensione di santità. (Shabàt parashà di Lech Lechà, 11 MarCheshvàn 5752)

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