Rambam: Chi è Moshiach? Pubblicato il 20 Ottobre, 2019
Impariamo a riconoscere, guidati passo per passo dalla descrizione dettagliata delle halachòt del Rambam, il nostro Redentore, il Re Messia
Parte Prima
Nella liberazione del Popolo d’Israele dall’Egitto, il fatto che HaShem avesse mandato Moshè Rabenu, ‘il primo Redentore’, non bastò per convincere il Popolo d’Israele, che fosse arrivata veramente l’ora della redenzione e che Moshè Rabeinu fosse il vero Redentore. Ci fu bisogno di un segno da trasmettere agli Anziani di Israele, una ‘parola d’ordine’ che già era stata loro tramandata da Yacov Avìnu e da Yosèf: Pakòd pakàdeti (vedi Rashi: Shemòt, 3;18) e che doveva servire come segnale di riconoscimento, che era giunto il momento della liberazione. Moshè Rabenu però, pensò che neppure così il Popolo d’Israele gli avrebbe creduto, e così ricevette altri segni da HaShem, tre miracoli, da poter utilizzare per poter essere accettato come il vero Redentore. Così come nella liberazione dall’Egitto il Popolo d’Israele possedeva una ‘tradizione’ tramandata, per poter riconoscere il Redentore, anche per la futura Redenzione, che attendiamo, ci sono, secondo l’halachà del Rambam, unico ed indiscusso legislatore halàchico sulle questioni riguardanti Moshiach, segni particolari, precisi e specifici, con i quali ci è dato di riconoscere il Redentore finale. I campi che questi segni comprendono sono: 1) la sua origine; 2) la sua essenza; 3) le sue azioni. Quando un Ebreo corrisponde pienamente ai segni descritti dal Rambam, l’halachà determina che egli è il ‘Moshiach presunto’. Per citare il Rambam stesso: “Se un re sorgerà della stirpe di Davìd, che studia la Torà e osserva le mizvòt prescritte dalla Legge orale e scritta, come aveva fatto il suo antenato Davìd, e costringerà tutto Israele a camminare (nelle vie della Torà) e a rinsaldare le imperfezioni nella sua osservanza, e combatterà le guerre di HaShem, lui è il Moshiach presunto. Se avrà fatto tutto questo, e se conquisterà tutte le nazioni vicine, ricostruirà il Bet HaMikdàsh al posto giusto, e raccoglierà tutti i dispersi di Israele, egli è il Moshiach certo.” Questo è l’ordine della rivelazione secondo l’halachà e da qui si capisce come il ‘Moshiach presunto’ sia una parte del processo per arrivare al ‘Moshiach certo’.
Parte seconda
Abbiamo visto come il Popolo d’Israele abbia ricevuto, con l’apporto halàchico del Rambam, i segni e l’esatta descrizione, che permetteranno di riconoscere il Redentore finale. Queste halachòt, poco studiate e poco conosciute, costituiscono il capitolo 11° e 12° delle “Hilchòt Melachim” (le halachòt dei Re), contenute nell’opera del Rambam: “YAD HACHAZAKA‘ “. Queste halachòt non sono state oggetto di nessuna controversia e, quindi, restano una legge unanimemente riconosciuta ed accettata. Studiando questo testo, è indispensabile sapere, che l’ordine che il Rambam utilizza per enunciare queste leggi è una legge di per se stessa. Esso viene, infatti, a precisare le leggi stesse. Ci proponiamo ora di esporre, in più parti, l’intera traduzione di queste leggi, in modo che possano essere un patrimonio a disposizione di tutti coloro, che avrebbero difficoltà ad utilizzare solamente il testo originale. Al termine della traduzione, riporteremo anche alcuni commenti, che ne aiuteranno la comprensione.
Capitolo XI
1. Il re Messia si alzerà per restaurare al suo antico governo il regno della dinastia di Davìd; ricostruirà il Tempio e riunirà i dispersi di Israele. Alla sua epoca saranno restaurate le leggi come in passato. Si offriranno i sacrifici e si osserveranno gli anni Sabbatici e i Giubilei, in base a tutti i dettami scritti nella Torà. Colui che non crede in lui o che non ne attende la venuta, rinnega non soltanto i profeti, ma anche la Torà e Mosè nostro maestro. Poiché la Torà afferma chiaramente a suo riguardo : “Il Signore tuo D-O tornerà con i tuoi esiliati e avrà misericordia di te. Egli ti radunerà… Anche se tu fossi stato esiliato fino all’estremità del cielo, di là, l’Eterno, il tuo D-O ti raccoglierà …e ti condurrà…”(1). Queste cose espresse chiaramente nella Torà comprendono tutte le parole di tutti i profeti.
Se ne fa analogamente menzione nella parashà di Bil’àm in cui egli esprime profezie riguardo ai due Messia: il primo Messia è Davìd che salvò Israele dai suoi oppressori; il secondo, suo discendente, che salverà Israele alla fine dei tempi. Là egli [Bil’àm] dice:
“Lo vedo, ma non ora” – si tratta di Davìd;
“Lo scorgo, ma non è prossimo” – è il re Messia;
“Una stella spunterà da Israele” – si tratta di Davìd;
“Uno scettro sorgerà da Israele” – si tratta del re Messia;
“Abbatterà le città di Moàv” – si tratta di Davìd; come è scritto: “Colpì Moàv e lo misurò con la corda”(2);
“Distruggerà tutti i figli di Shet [ossia l’umanità]” – è il re Messia, di cui è detto : “Regnerà da un mare all’altro”(3);
“Erediterà Edòm” – si tratta di Davìd, come è detto: “Ed Edòm fu schiava di Davìd”…
“Ed erediterà il mondo intero” – è il re Messia, come è scritto: “Dei redentori risaliranno il monte di Sion”(4).
(1) Deuteronomio 30, 3-5. (2) Samuele II 8, 2.
(3) Zaccaria 9, 10 (4) Obadia 1, 21.
Parte terza
Capitolo XI
2. E’ detto anche, a proposito delle città di rifugio: “Quando il Signore tuo D-O allargherà i tuoi confini… aggiungerai ancora tre città…” Questa cosa non si è mai verificata e D-O non l’ha comandata invano. Ma secondo le parole dei profeti, non vi è bisogno di prove, poiché tutti i libri ne parlano.
3. Non considerare che il re Messia debba operare segni e prodigi o determinare nuovi fenomeni nel mondo, resuscitare i morti o altre cose simili. La cosa non è così, dato che Rabbi Akìva, uno dei più grandi Saggi della Mishnà, fu un sostenitore del re Ben Koziba e di lui diceva, che era il re Messia. Per lui e per tutti i Saggi della sua generazione egli era il re Messia, finché fu ucciso per i suoi peccati. Dal fatto che fu ucciso, seppero che non lo era. I Saggi non gli avevano chiesto né segni, né prodigi. E questa è l’essenza delle cose: questa Torà, i suoi statuti e le sue leggi, sono eterne. Niente le può essere aggiunto e niente le può essere tolto.
4. Se un re sorgerà della stirpe di Davìd, che studia la Torà e osserva le mizvòt prescritte dalla Legge orale e scritta, come aveva fatto il suo antenato Davìd, e costringerà tutto Israele a camminare (nelle vie della Torà) e a rinsaldare le imperfezioni nella sua osservanza, e combatterà le guerre di HaShem, lui è il Messia presunto. Se avrà fatto tutto questo, e se conquisterà tutte le nazioni vicine, ricostruirà il Tempio al posto giusto, e raccoglierà tutti i dispersi di Israele, egli è il Messia certo. Rettificherà il mondo intero, così che esso servirà HaShem con unità, come è detto: “E quindi tramuterò la lingua dei popoli in un lingua pura, sì che invochino tutti il nome del Signore e Lo servano tutti indistintamente.” (Tsefanja 3;9)
Parte quarta
Continuazione del paragrafo 4, capitolo XI, delle ‘Halachòt dei Re’ del Rambam.
(Il passaggio seguente è stato censurato dalla Chiesa e dall’Islam,
ma è stato ritrovato nei manoscritti originali del Rambam.)
E se non è riuscito fino a questo punto, o è stato ucciso, si saprà che non è colui che la Torà ci ha promesso, bensì sarà come tutti i Re della casa di Davìd, integri e perfetti, i quali sono deceduti. E se HaShem li ha innalzati a questa posizione, non è stato che per mettere alla prova le masse, come è detto: “E tra gli stessi intelligenti, alcuni cadranno, affinché si compia fra di loro la purificazione, una selezione, un raffinamento, fino al tempo della fine, che ancora ci manca al termine fissato.” (Daniele,11;35)
Anche Gesù di Nàzareth, che pretendeva di essere il Messia, e che è stato giustiziato dal Bet Dìn, figura nella profezia di Daniele, come è detto: “…e degli uomini violenti del tuo popolo insorgeranno per realizzare una visione, ma cadranno.” (Daniele,11;14) E come potrebbe esserci un insuccesso più grande di questo, dal momento che tutti i profeti hanno descritto il Messia come redentore e salvatore del Popolo d’Israele, che raccoglie i dispersi e li rinforza nella pratica delle mizvòt, mentre costui ha causato la perdita di Israele tramite la spada, la dispersione dei superstiti e la loro umiliazione; ha cambiato la Torà, ha indotto in errore gran parte del mondo, incitando a servire un’altra divinità? Ma l’uomo non è in grado di afferrare i pensieri del Creatore, perché le nostre vie non sono le Sue vie e i nostri pensieri non sono i Suoi pensieri, e tutte queste cose, che riguardano Gesù di Nàzareth e l’Ismaelita (Maometto) che è venuto dopo di lui, non sono avvenute che per spianare la strada per il Re Messia, e per correggere il mondo intero, affinché possa servire HaShem nell’unità, come è detto: “E quindi tramuterò la lingua dei popoli in una lingua pura, sì che invochino tutti il nome del Signore e lo servano tutti indistintamente” (Tsefanja, 3;9). Come?
Il mondo sarà già riempito di detti concernenti il Messia, la Torà e le mizvòt, che si diffonderanno fino a raggiungere isole lontane e popoli primitivi, che si occuperanno di questi soggetti e delle mizvòt della Torà. Essi diranno che queste mizvòt erano vere, ma che nella nostra epoca sono state annullate e non valgono per le generazioni future. Diranno anche, che esse contengono nozioni nascoste, che non vanno prese alla lettera, che il Messia è già arrivato ed ha rivelato i loro segreti. E quando il Re Messia verrà veramente, riuscirà, ingrandirà e si eleverà, immediatamente tutti si ricrederanno e riconosceranno di aver ereditato un menzogna dai loro padri, e che i loro profeti ed i loro antenati li hanno indotti in errore.
Parte quinta
Continuazione delle ‘Halachòt dei Re’, del Rambam, cap. XII.
1. Non si formi nel tuo cuore l’aspettativa, che nei “giorni del Messia” verrà annullato alcunché delle norme, che reggono il mondo, o che vi sarà un rinnovamento nell’opera della creazione. Il mondo conserverà, invece, le sue regole, e ciò che è detto in Isaia: “E dimorerà il lupo con l’agnello, si coricherà il leopardo con il capretto” (11;6) è un esempio ed un’allusione, per dire che Israele coabiterà in tutta sicurezza con i popoli malvagi, simbolizzati dal lupo e dal leopardo, come è detto: “Il lupo del deserto li distrugge, la tigre insidia le loro città” (Geremia, 5;6), e ritorneranno tutti alla vera fede e non ruberanno e non massacreranno più. Mangeranno invece ciò che è permesso, in pace con Israele, come è detto: ” E il leone come il bue mangerà paglia” (Isaia, 11;7). E così, tutte le altre cose simili, che sono state dette sul soggetto del Messia, costituiscono delle allegorie, e nei “giorni del Messia”, tutti comprenderanno a cosa si riferissero queste allegorie ed a cosa esse alludessero.
2. I Saggi hanno detto: l’unica differenza fra questo mondo e i “giorni del Messia”, sta nell’asservimento alle nazioni. Sembra, dal significato semplice delle parole dei profeti, che all’inizio dei “giorni del Messia” vi sarà la guerra di Gog e Magog, e che prima di questa guerra, si leverà un profeta per raddrizzare Israele e preparare i loro cuori, come è detto: “Ecco, io sto per mandare Elìa, ecc.” (Malachì, 13;23), ed egli non viene per dichiarare impuro il puro, né puro l’impuro, né ad invalidare coloro che sono ritenuti (ritualmente) adatti (kashèr), né per dare validità a quelli che si presume non siano (ritualmente ) adatti (kashèr). Piuttosto egli viene a stabilire la pace nel mondo, come è detto: ” E ricondurrò il cuore dei padri verso i figli” (Malachì, 3;24). E c’è fra i Saggi chi dice che Elìa precederà l’avvento del Messia.
L’uomo non potrà avere una comprensione chiara di come si svolgeranno questi fatti o altri simili, fino al momento in cui essi non accadranno, poiché presso i profeti noi li troviamo come dati indefiniti. Su queste cose, anche i Saggi non hanno ricevuto dalla Tradizione nulla, che vada oltre a ciò che è contenuto nei versetti, ed è ciò che spiega la divergenza di vedute su questi punti.
In ogni caso, né la cronologia di questi fatti, né i loro dettagli sono fondamentali per la religione. L’uomo non dovrà in alcun caso occuparsi di questi racconti, né dilungarsi sull’esegesi di questi soggetti, e non dovranno farne un principio, poiché essi non portano né al timore né all’amore. Allo stesso modo non dovrà fare dei calcoli sulle date, che concernono la fine dei tempi. I Saggi hanno detto: “Espieranno, coloro che calcolano il tempo finale (della venuta del Messia)”. Bisogna piuttosto attendere (la sua venuta) e credere in generale alle cose che sono state chiarite precedentemente.
Parte sesta
Continuazione delle ‘Halachòt dei Re’ del Rambam, cap. XII.
3. Nei giorni del Re Messia, quando si stabilirà il suo Regno e si radunerà presso di lui tutto Israele, egli rivelerà a ciascuno le sue origini, grazie allo spirito profetico, che si poserà su di lui, come è detto: “Ed egli sederà da raffinatore e purificatore, ecc.” (Malachì 3,3). E purificherà per primo i figli di Levi, dicendo: questo qui appartiene alla stirpe di Cohen, quello lì a quella di Levi. E attribuisce (semplicemente) a Israele coloro, che non appartengono alla tribù di Levi. E’ infatti detto: “E Sua Eccellenza (Nehemia) disse loro…finché non sorgesse un sacerdote degno di consultare gli Urìm e i Tumìm.” (Ezra 2,63). E così hai appreso, che attraverso lo spirito profetico, saranno ridefinite le genealogie presunte e riconfermate quelle certe. E non classificherà gli Ebrei, se non secondo le tribù, dichiarando che uno appartiene alla tale tribù e un altro alla tal’altra. Non dirà però di quelli che sono presunti kashèr: “Questo qui è un mamzèr (il frutto di un adulterio) e quello è uno schiavo”, poiché per legge una famiglia che ormai si è mischiata (con componenti non kashèr, alle quali però non si può più risalire), resta presunta kashèr.
4. I Saggi ed i profeti non desideravano i giorni del Messia allo scopo di dominare il mondo, né per soggiogare i popoli, né per suscitarne la devozione, né per mangiare, bere o rallegrarsi, bensì per essere liberi di dedicarsi alla Torà ed alla sua saggezza, senza che nessuno li opprima e li importuni, per meritare il Mondo Futuro, come abbiamo chiarito nelle Leggi della Teshuvà.
5. Ed in quel tempo, non vi sarà più né fame, né guerra, né invidia, né competizione, poiché ci sarà abbondanza di benessere e le delizie saranno abbondanti come la polvere. E l’unica occupazione al mondo sarà la conoscenza di D-O. Ed allora i Figli d’Israele saranno grandi saggi, comprenderanno i segreti più reconditi e coglieranno la conoscenza del loro Creatore, secondo le facoltà umane: “Poiché sarà piena la terra della conoscenza del Signore, come le acque coprono il fondo del mare.” (Isaia 11,9)
Parte settima
Commento alle ‘Halachòt dei Re’, del Rambam.
Vogliamo aggiungere un commento, che aiuti ad approfondire la comprensione delle halachòt del Rambam, sul tema di Moshiach. Con la prima halachà il Rambam ci viene ad insegnare che è fondamentale per un Ebreo, per quanto riguarda la sua fede in D-O e la pratica delle mizvòt, di credere ed attendere il Messia al punto che, chi non crede e non lo attende è considerato un rinnegato, cioè uno che mette in discussione ciò che è essenziale nella fede Ebraica. In un altro testo, intitolato “Gli articoli di Fede”, il Maimonide enuncia i principi che costituiscono i pilastri, che sostengono l’Ebraismo. Tra essi: la fede in D-O, la verità della Torà, l’unicità di D-O, ecc…e la fede nella venuta del Messia e la sua attesa. Senza di essi la pratica dell’Ebraismo non ha alcun valore. E’ perciò che il Rambam assume, per quanto riguarda l’halachà, una posizione che potrebbe sembrare estremista, dichiarando rinnegato, colui che non crede nell’arrivo del Messia o che non lo attende.
Su questa base, il Rambam ci descrive il Messia al quale noi dobbiamo credere, la figura che noi dobbiamo attendere, dato che il Rambam considera come rinnegato, anche colui che non aspetta precisamente il Messia della Tradizione Ebraica. Di conseguenza, egli ha considerato urgente descrivere i tratti essenziali del Messia e la redenzione che ci porterà, cosicché noi possiamo credere ed attendere secondo l’halachà, cioè credere al vero Messia ed attendere ciò che ci è stato promesso dai nostri Maestri, dai nostri Profeti, da D-O stesso e tenerci lontani, così, da ogni deviazione dalla Tradizione.
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