Anche quando si china, il leone è sempre un leone Pubblicato il 4 Luglio, 2012

Nessuna forza, nessuna nazione al mondo può veramente dominare l'Ebreo. Egli, infatti, con la sua Torà ed i suoi precetti, con il suo legame essenziale che lo unisce a D-O, non può essere nè ostacolato nè sottomesso da alcuna forza al mondo.


Come un leone, come una leonessa
I giorni dell’esilio iniziano (per un certo aspetto) già dalla distruzione del Primo Tempio, e l’esilio finirà solo con l’avvento del Re Moshiach (anche l’epoca del Secondo Tempio rientra nel periodo dell’esilio, dato che “cinque cose mancavano nel Secondo Tempio”). Durante l’esilio, il popolo Ebraico ha dovuto subire ondate di odio e di umiliazione da parte delle nazioni del mondo alle quali, apparentemente, egli sembrava sottomesso.  Proprio a questo periodo dell’esilio, si riferiscono le parole di Bilam nella sua profezia: “Egli si china, si accovaccia, come un leone, come una leonessa. Chi lo farà rizzare?” (Bemidbàr 24, 9) Nell’esilio, il popolo d’Israele è in uno stato come quello del “egli si china, si accovaccia”, una condizione, cioè, di decadimento, come un sonno profondo. Esso non è, infatti, nel pieno della sua forza e della sua potenza, ma, piuttosto, piegato ed addormentato. Questo è l’esilio.

Non vi è un reale potere
Eppure, anche quando, nel periodo dell’esilio, il popolo d’Israele è “chinato ed accovacciato”, esso è pur sempre paragonato ad un leone e ad una leonessa. Non si tratta quindi di una caduta per debolezza, ma del chinarsi ed accovacciarsi di un leone e di una leonessa, la cui forza rimane immutata, anche quando essi sono accucciati a terra. Sono il leone e la leonessa stessi che si chinano e si accovacciano, e non una forza esteriore che li piega. Come scrive lo Zohar, che il leone è forte e la leonessa è ancora più forte, così Israele è forte, anche nel tempo dell’esilio. Da qui si comprende che, anche nel tempo dell’esilio, le nazioni del mondo non hanno un potere reale sul popolo d’Israele. Secondo l’halachà, non si può essere padroni di un leone. Vi è una discussione halachica, infatti, sul tema se si possa addomesticare un leone, poiché egli resta sempre forte nella sua natura, e l’uomo non può dominarlo veramente.

L’anima non è in esilio
Così è anche per il popolo d’Israele. Tutta la situazione dell’esilio è un qualcosa di per nulla chiaro: come è possibile, infatti, che il popolo d’Israele sia dominato da altri? Il fatto è che tutto ciò deriva solo dalla volontà Divina, che ha portato il popolo ad una condizione di “chinarsi ed accovacciarsi”. Ma a cosa si riferisce ciò? Alle cose che riguardano il mondo, mentre per tutto ciò che riguarda la nostra religione, la Torà ed i suoi precetti, non è possibile rilevare nessun dominio. Non vi è alcun ostacolo reale, che possa impedire l’Ebreo nel suo servizio Divino e nel suo compimento delle mizvòt. Il Rebbe Rashab (Rabbi Shalom Dovber) di Lubavich, disse una volta: “Solo il corpo dell’Ebreo può essere consegnato all’esilio ed all’asservimento alle nazioni. Sta a noi annunciare apertamente davanti a tutti, che, per tutto ciò che riguarda la nostra religione, la Torà, le mizvòt e gli usi del popolo d’Israele, gli estranei non hanno alcuna autorità e non c’è forza al mondo che possa cambiare ciò.”

I miracoli che ci fanno ricordare
A volte ci sembra che il mondo si comporti secondo i suoi parametri e che esso possa, si fa per dire, dominare sul “leone e la leonessa”, sul popolo d’Israele. Questo è l’ascondimento, l’occultamento che esiste nel tempo dell’esilio, che dà posto all’illusione, che permette di credere che  altri possano dominare sul popolo Ebraico. Per questo, D-O ci mostra, di tanto in tanto, anche nel tempo dell’esilio, miracoli evidenti, che vengono a ricordare a tutti noi che “non vi è altro all’infuori di Lui”. Questi miracoli, che avvengono in ogni generazione, e che nella maggior parte dei casi si manifestano tramite i Zadikìm (Giusti) presenti in ogni generazione, rompono in qualche misura la capacità di ascondimento e di occultamento del mondo, al punto che tutti possono vedere, in modo tangibile, che il popolo Ebraico è sempre nella sua condizione di “leone e leonessa”, dato che, anche quando è “chinato ed accovacciato”, nella realtà profonda delle cose, esso è libero e non esiste esilio che possa dominarlo.
 

(Likutei Sichòt vol. 2 pag. 337)  

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