Una cifra con sei zeri Pubblicato il 24 Aprile, 2012

Una giornata di lavoro come un'altra, il solito trantran, ma ecco, in un momento tutto può cambiare, ed inizia l'incubo. Questo fino a che...  

Era il 1990, in una cittadina del nord d’Israele. Ariel Chadad, un uomo di mezza età, alacre lavoratore, sentì suonare il campanello, che lo avvisava dell’ingresso di clienti nel suo negozio di apparecchiature elettroniche. Egli poggiò il giornale che stava leggendo, in tempo per vedere sette uomini ben vestiti entrare tutti insieme nel suo negozio. Per qualche ragione, la cosa non gli sembrò promettere bene. ‘Non può essere una rapina’ pensò fra sè, ‘siamo in pieno giorno!’ Quegli uomini non sembravano però neppure dei clienti. Con un sorriso forzato, chiese in cosa potesse essere loro utile. Mentre gli altri se ne stavano lì, dritti come statue, uno di loro disse, mostrando una tessera: “Siamo agenti del fisco. La vostra attività è stata scelta a caso per un’ispezione. Tirate fuori i libri contabili, per favore. Vogliamo vedere tutti i vostri libri.”

Il sorriso di Ariel svanì. Egli scrutò le loro facce, per vedere se era uno scherzo. Ma non lo era. Gli uomini chiusero il negozio, sgomberarono alcuni tavoli, aprirono i libri che aveva portato loro, e si misero al lavoro. Ariel sapeva che le cose si sarebbero messe male; nessuno è mai uscito a posto da quel tipo di ispezioni. Egli non si immaginava però fino a che punto, male. Dopo alcune ore, essi chiusero i libri, radunarono le loro carte, misero i libri in una grande scatola di cartone, che chiusero bene e caricarono su una delle loro automobili e, prima di congedarsi, presentarono solennemente ad Ariel un documento ufficiale, pieno di timbri. Egli doveva al governo TRE MILIONI di shekel! Ariel si sedette, si sbottonò il colletto della camicia e cominciò a contare gli zero. Ce ne erano sei, prima un tre seguito da una virgola, poi tre zero seguiti da un’altra virgola ed infine altri tre zero. Tre milioni!! “Tre milioni??” sbottò, quasi in un rantolo. “Ci deve essere qualche errore.” Egli alzò gli occhi verso i funzionari, ma essi si stavano già dirigendo alla porta. Uno di loro si volse verso di lui e gli disse: “Se avrà bisogno di chiarimenti, c’è un numero di telefono su uno dei fogli. Buona giornata!”

Ariel si asciugò la fronte e chiamò subito un commercialista ed un avvocato. Le settimane successive furono un incubo popolato da incontri frustranti, telefonate disperate, suppliche per condoni e….. delusioni. Era dura, ma era una realtà: nei vent’anni di gestione del suo negozio, egli si era occupato sempre da solo della sua contabilità e, a quanto pare, aveva trascurato un sacco di dettagli importanti. Non si sarebbe mai sognato che il suo piccolo negozio fosse abbastanza importante per un’indagine. Ma ora, alla fine dei conti, risultava non essersi trattato di un errore: dopo aver verificato tutte le mancanze, le multe, le penalità e gli interessi, non c’era alcuna speranza di veder detratto nemmeno un centesimo da quell’enorme debito. Doveva al governo tre milioni. Era finito, per tutta la vita! Se anche avesse venduto la sua attività, la sua casa e avesse rateizzato il resto del suo debito per i prossimi cento anni, non sarebbe mai stato in grado di saldarlo! E aveva una famiglia da mantenere!

Ma proprio allora, quando la situazione sembrava ormai disperata, un debole raggio di luce sembrò illuminare l’oscurità. Ariel aveva continuato a tenere aperto il suo negozio, cosa che, almeno, lo teneva occupato e, per qualche ora al giorno, lo distoglieva dal pensiero fisso dei suoi guai, impedendogli di impazzire. Un giorno, uno dei suoi clienti, un Ebreo religioso, notò il suo viso tirato e gli chiese che cosa non andasse. Sentita la risposta, questi gli disse di non preoccuparsi. C’era una soluzione. Il prossimo mese lui e un gruppo di altri Ebrei sarebbero andati a visitare il Rebbe di Lubavich, con un volo charter sovvenzionato, organizzato da Rav Tzitlin di Zfàt. Chadad aveva già sentito parlare del Rebbe di Lubavich in precedenza, ma non in quanto nome da prendere in seria considerazione. Questo, fino ad allora. Ottenuto un numero di telefono, egli chiamò e chiese di essere incluso nella lista, ma gli fu detto che l’elenco era ormai chiuso. Ariel provò ad insistere, chiamò amici che potessero influenzare rav Tzitlin, pregò e, una settimana più tardi, vide esaudito il suo desiderio; si erano liberati alcuni posti e lui era fra quelli!!

Il viaggio fu proprio quello di cui aveva bisogno. Non solo tenne la sua mente fuori dai suoi guai, ma risvegliò anche una parte di lui, che non aveva mai saputo esistere: la sua anima Ebraica. Le preghiere, i chassidìm, lo studio della Torà, le itvaduiòt (gli incontri chassìdici) con i chassidìm e quelle con il Rebbe, gremite da migliaia di persone, lo introdussero in un altro mondo. Ogni tanto, comunque, un numero gli balzava davanti: 3.000.000! Sarebbe finito in galera! Non avrebbe mai potuto pagare!! Chiese allora a Rav Tzitlin cosa fare e questi gli rispose di non preoccuparsi. Ogni domenica, il Rebbe distribuiva dollari a migliaia di persone, per incoraggiare gli Ebrei che si presentavano a fare la carità (chi lo riceveva doveva dare almeno il suo equivalente ai bisognosi) e, con ogni dollaro, egli dava anche consigli e benedizioni. La domenica arrivò. Vi era una fila di migliaia di persone davanti a lui e altre migliaia dietro di lui; Ebrei di tutti i tipi, con ogni sorta di abbigliamento e acconciatura. Non appena fu più vicino al Rebbe, Ariel vide che ognuno aveva la possibilità di stargli davanti per non più di un secondo o due; il tempo sufficiente a ricevere il dollaro e sentire una breve benedizione, prima di essere spinto in avanti da uno dei segretari del Rebbe. Ma per qualche motivo, quando venne il suo turno, non fu spinto via da nessuno. Lo lasciarono parlare. “Rebbe!” gridò quasi “Devo tre milioni di tasse per la mia attività, e non posso pagare!” Il Rebbe prese due dollari e glieli porse dicendo: “Qui c’è un dollaro per la vostra vecchia attività, e qui uno per la nuova; benedizione e successo!” Ariel Chadad si ritrovò fuori all’improvviso, totalmente confuso. “Che tipo di benedizione era quella?” si chiese. “Che cosa avrà voluto dire il Rebbe? Avrà capito quello che gli ho detto? Quale vecchia attività? E quale nuova? Perché non ha parlato dei miei debiti?!”

Una settimana dopo, egli ritornò in Israele. Si sentiva distrutto e senza speranze, un uomo vuoto. Non aveva più dove rivolgersi. Restava solo la benedizione del Rebbe che, pur rimanendogli incomprensibile, rappresentava per lui il suo unico filo di speranza. Passò una settimana, quando il suo telefono squillò. All’altro capo del filo, uno dei funzionari dal cuore di pietra, la cui voce ormai conosceva fin troppo bene. Aveva parlato a quell’uomo decine di volte, pregandolo, supplicandolo, cercando di mantenere la calma, ma senza successo. Ora, il funzionario lo stava chiamando. “Chadad? Mi ascolti. Deve venire nei nostri uffici, ora! Mi avete sentito? Venite subito! Avete appena vinto alla lotteria!! Mi sentite, Chadad? È una cosa che non è mai successa prima!” “Lotteria?” egli rispose. “Che lotteria? Di cosa sta parlando? Non ho comprato nessun biglietto della lotteria. Cos’è? Uno scherzo?” “No!” disse la voce dall’altra parte. “È per davvero! Ascolti! Il capo del dipartimento ha dato un’occhiata al vostro caso e ha deciso di scalare due milioni e ottocentocinquantamila shekel dal vostro debito! Non dovete pagare che centocinquanta mila shekel! Mi sentite, Chadad?!”

Ariel era scioccato. Due milioni…. andati!? Ma, per quanto la gioia avrebbe dovuto sopraffarlo, non fu così. Il fatto è, che anche quella cifra rimanente di centocinquantamila shekel, era una somma per lui impossibile da pagare. Ma la benedizione del Rebbe aveva solo cominciato a funzionare; nelle settimane successive, i funzionari trovarono il modo di decurtare il debito di altri sessantamila shekel e rateizzare i restanti novantamila lungo un arco di diversi anni. Il primo dollaro del Rebbe aveva fatto il suo lavoro!

Qualche mese dopo, Ariel ricevette da un buon amico la proposta di aprire un negozio di ferramenta in società. Egli vendette la sua ‘vecchia’ attività e utilizzò il denaro ricavato per aprire la ‘nuova’, ottenendo un successo immediato, che andò oltre qualsiasi previsione. Era questa la nuova attività della quale il Rebbe aveva parlato. Ma il profitto principale non fu il denaro. Fu invece il risveglio spirituale che accompagnò quei dollari. Ariel Chadad divenne una delle migliaia di persone, che si sono rese conto che il successo e il denaro non sono lo scopo della vita, ma piuttosto un mezzo. Lo scopo è quello di interessarsi della stessa cosa della quale il Rebbe si occupa: rendere il mondo un luogo perfetto.

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