La gioia del mese di Adàr Pubblicato il 12 Marzo, 2024

Gioia e miracoli sono correlati. Come i miracoli rompono i limiti della natura, così la gioia ha la forza di spezzare i limiti. I miracoli di Purim e la gioia che accompagna tutto il mese di Adàr, però, hanno una qualità del tutto particolare.Vediamo perchè...  

 

 Il mese di Adàr è un mese la cui natura è caratterizzata dall’affermazione dei nostri Saggi: “Quando entra il mese di Adàr, noi aumentiamo la nostra gioia”. La gioia è un concetto fondamentale nel servizio Divino ed è appropriata rispetto a tutto l’anno, come è scritto: “Servi D-O con gioia”. Per citare il Rambam: “La gioia con la quale ci si deve rallegrare, nel compimento delle mizvòt e dell’amore per D-O, che ce le ha comandate, è un grande servizio.” Per quanto riguarda il mese di Adàr, però, questa gioia acquista una dimensione infinitamente più elevata. Come mai?

 Nel suo commento al Talmùd, Rashi dice: “Questi sono giorni di miracoli per il popolo Ebraico: Purim e Pèsach.” Emergono da qui diverse domande. Per quale motivo Rashi nomina Pèsach? Che nesso vi è fra i miracoli di Pèsach e l’inizio del mese di Adàr? Noi non troviamo un così grande risalto dell’aspetto della gioia collegato a Pèsach, mentre per Rashi, anche il mese di Nissàn deve essere caratterizzato dalla gioia. Oltretutto, l’espressione “aumentiamo la nostra gioia”, implica il trattarsi qui di una gioia della stessa natura di quella che viene sperimentata durante l’anno, solo accresciuta nella sua quantità, mentre l’unicità dei miracoli associati ad Adàr sembrerebbe richiedere una gioia di tipo del tutto differente, non paragonabile a quella del resto dell’anno.

 Per arrivare ad una spiegazione, vediamo che: la celebrazione di Purim è collegata al rinnovarsi del nostro impegno verso la Torà. Dicono i nostri Saggi, che, a Purim, gli Ebrei “accettarono ciò che avevano già ricevuto, quando fu data la Torà”. Nonostante il popolo Ebraico avesse accettato di sua volontà la Torà, al Monte Sinai, ciò non venne ad essere una parte intrinseca ed inalterabile del loro essere, fino agli eventi di Purim. Al Matàn Torà, “D-O sospese la montagna sulle loro teste, come una tinozza”, forzandoli, in qualche modo, con l’evidenza del Suo infinito amore, ad accettare la Torà. A Purim, invece, gli Ebrei, con la loro disposizione all’auto-sacrificio, pur di non rinnegare la Torà per salvarsi dal decreto di stermino, dimostrarono di accettare, allora, la Torà di loro iniziativa. Da qui si può vedere il collegamento con Pèsach: lo scopo finale dell’uscita dall’Egitto, infatti, era quello di ricevere la Torà.

  Vi è, però, ancora una difficoltà, che richiede una spiegazione. La mancanza di una vera, piena accettazione della Torà, al Monte Sinai, fu dovuta al fatto che essa fu accompagnata da miracoli, che ebbero una tale influenza sugli Ebrei, da non lasciare loro una libera scelta. Per questo, essi furono costretti ad accettare la Torà. Ma anche gli eventi di Purim, furono accompagnati da miracoli. Perché, allora, gli eventi di Purim vengono considerati un’accettazione spontanea maggiore di quella relativa al processo, che iniziò con l’esodo dall’Egitto e si completò col Matàn Torà? La risposta emerge dal tema, che comporta il miracolo di Purim: la trasformazione del buio in luce o, per usare il linguaggio della Meghillà: “il mese che fu trasformato”. Lo stesso Achashveròsh, che ordinò l’uccisione degli Ebrei, ordinò, poi, agli Ebrei di fare ciò “che fosse apparso giusto ai loro occhi”. All’uscita dall’Egitto, invece, la natura degli Egiziani non venne trasformata, tanto che fu necessario annientarli completamente, con i miracoli del Mar Rosso. L’essenza dei miracoli di Pèsach, fu una rivelazione, che trascese i limiti della natura. “Il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia, Si rivelò a loro e li redense.” Fu, quindi, l’intensità della rivelazione, che annullò le forze in opposizione. A Purim, invece, i miracoli si rivestirono delle forze della natura, enfatizzando, così, la trasformazione della condizione degli Ebrei, nel contesto stesso della natura del mondo, e non l’annullamento delle forze in opposizione.

  Questi due differenti approcci si riflettono anche nel rapporto dell’Ebreo con la Torà. Dopo l’esodo dall’Egitto, l’enfasi fu sul ricevere la rivelazione dall’Alto. L’accettazione della Torà a Purim, invece, fu caratterizzata da un desiderio interiore del popolo Ebraico, un risveglio spontaneo.

   L’unicità dei miracoli di Purim, richiama una gioia di natura differente: “Ad de lo iadà” (fino a non distinguere). Gioia e miracoli sono correlati, poiché “La gioia spezza i limiti”, così come i miracoli rappresentano un rompere i limiti della natura. Sebbene, in generale, ogni miracolo rappresenti uno spezzare i limiti della natura, nei miracoli di Purim vi è un aspetto particolare, che sorpassa, con la sua qualità, tutti gli altri miracoli. Rompere i limiti non rappresenta l’annullamento più completo delle forze, che vengono a limitare. Ciò implica, piuttosto, che i limiti esistono, e pur tuttavia vengono spezzati. Per questo, essendo Pèsach associato ad una rivelazione dall’alto, i suoi miracoli comportarono l’annullamento, ma non la rottura, dei limiti della natura. A Purim, invece, i limiti della natura non furono annullati. Nonostante ciò, pur rimanendo in vigore la condizione naturale, un miracolo superiore alla natura vi penetrò.

  Dal momento che i miracoli di Pèsach rappresentano un annullamento di tutte le forze in opposizione, la redenzione che seguì questo annullamento non portò a sviluppi del tutto nuovi: gli Ebrei uscirono in libertà, ma l’Egitto fu annientato e non trasformato in bene. Riguardo i miracoli di Purim, invece, anche dopo il loro svolgimento, Achashveròsh rimase al potere, ma il suo cuore fu trasformato in bene. Il fatto, quindi, che in una simile condizione, i decreti di Hammàn furono annullati e Mordechài ed il popolo Ebraico ricevettero una posizione di potere, mostra come il potere della redenzione sia in grado di rompere i limiti, che l’esilio comporta. Per questa ragione, la gioia di Purim, che rompe i limiti, è più grande di quella delle altre feste. La completezza, comunque, viene trovata nella fusione delle caratteristiche sia di Pèsach, sia di Purim, in modo che le forze della natura siano trasformate e non annullate, e, pur tuttavia, la Redenzione sia completa e non parziale. Ciò sarà rivelato nell’era della Redenzione, quando: “Come nei giorni della tua uscita dall’Egitto, Io vi mostrerò prodigi”. Vi sarà infatti una rivelazione dall’Alto, che ricorderà, ed anzi sorpasserà, quella dell’esodo dall’Egitto, e, contemporaneamente, questa rivelazione comporterà una trasformazione, e non un annullamento, del mondo. Possa ciò rivelarsi ai nostri occhi, subito!
(Shabàt parashà Terumà, 5751)

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