Pace e… guarigione Pubblicato il 29 Marzo, 2012

Il male si era esteso ed i medici non lasciavano molte speranze. Nessuno avrebbe certo pensato che la salvezza sarebbe venuta proprio da...  

Racconta rav Izchak Kleinman, membro del Beit Chabad di Kiriàt Ono: “Diverse sono le richieste che riceviamo dai nostri concittadini, compresa, spesso, quella di una nostra visita a casa loro, durante la quale, in genere, controlliamo le mezuzòt ed offriamo la possibilità di chiedere una benedizione al Rebbe, tramite l’Igròt Kodesh (una raccolta di lettere del Rebbe). Circa due anni fa, ricevemmo una chiamata da un chassìd Chabad di Ramat Gan, rav Ghil Elias. Da tempo eravamo in contatto con lui, grazie alla sua parentela con uno dei membri del nostro Beit Chabad da un lato, ed alle sue frequenti visite alla nostra città per via del suo lavoro, dall’altro. Quella volta, la chiamata veniva dalla casa della famiglia Levi, di Kiriat Ono, dove egli si era recato per prestare la sua opera, nel campo della medicina alternativa di cui si occupa.

   “Ti ho chiamato in merito alla condizione in cui si trova attualmente la signora Levi. Ho parlato a lungo con lei, e le faresti cosa molto gradita, se tu potessi venire a trovarla, per controllare le mezuzòt.” Annotai l’indirizzo, intenzionato, alla prima occasione, a recarmi da lei. Solo quando arrivai a casa loro, verso sera, e ascoltai direttamente dalla signora Levi la descrizione della sua condizione, potei realizzare in pieno la gravità della situazione. Avevano scoperto che la donna era affetta da una malattia che, in genere, non perdona e, nel suo caso, la diagnosi era arrivata quando  era, ormai, troppo tardi: il male si era esteso in vaste zone del corpo e, secondo i medici, il tempo che le restava da vivere era molto poco.

   Ero sconvolto. Immediatamente cominciai a spiegare che, secondo l’insegnamento del Rebbe, il compito del medico è solo quello di portare guarigione e nient’altro, tanto meno, quindi, quello di decidere se l’Ebreo potrà continuare a vivere o no, che D-O non voglia. Insistetti molto sull’importanza di pensare in positivo, spiegando che non si tratta solo di generico ottimismo, ma del particolare potere spirituale che l’Ebreo ha di trasformare col suo pensiero la realtà: “pensa bene, sarà bene”. A quel punto, ci dedicammo al compito di controllare le mezuzòt. Togliendole dai loro astucci, scoprimmo che due di essi erano vuoti: non contenevano alcuna mezuzà! Ci preoccupammo subito di metterne delle nuove e, con l’accordo della famiglia, cambiammo anche le altre con mezuzòt di qualità migliore.

   Spiegai, quindi, l’importanza di chiedere una benedizione al Rebbe, e la donna accolse volentieri la proposta e si mise subito a scrivere una lettera, in cui spiegava dettagliatamente la sua situazione e chiedeva una benedizione di pronta e completa guarigione. La lettera venne inserita in un volume dell’Igròt Kodesh. La donna mi pregò di leggerle la risposta. Cercai di convincerla a leggerla ella stessa. Ero convinto che avrebbe colto molto più velocemente di me la connessione fra la sua richiesta e la risposta del Rebbe. La donna, però, si intestardì, cosicché mi accinsi a leggere io la risposta, nella quale, invero, non riuscii a vedere alcun collegamento. Si trattava di una lettera che il Rebbe aveva scritto ad una donna, che era ormai da così lungo tempo in lite con una sua parente, da non ricordarsi nemmeno più il motivo della lite. Il Rebbe spiegava alla donna, che era giunto il momento di mettere da parte il propri orgoglio e di andare a chiedere scusa per prima alla sua parente.

    La signora Levi, a quelle parole, cambiò letteralmente colore. Ci volle un po’prima che riuscisse a parlare ed a raccontarci di una dolorosa lite che, durando ormai da anni, la divideva, di fatto, da sua sorella. “Domani mattina, come prima cosa, la chiamerò e le chiederò scusa!” E così fece. Già dalle successive analisi, i medici rimasero sorpresi dal constatare che la malattia era completamente scomparsa! Ulteriori analisi confermarono ciò ed oggi, grazie a D-O, la signora Levi gode del pieno della sua salute.”

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