Nulla è per ‘caso’ Pubblicato il 7 Novembre, 2013
Quante erano le possibilità secondo il ‘caso’, che noi salissimo proprio su quel taxi, il cui autista si rifiutava di prenderci, perché quel giovane mi chiedesse di parlare di Torà e, fra tutti gli argomenti possibili, io scegliessi proprio quello della Divina Provvidenza?
Racconta rav Yehoshua Appel, chassìd Chabad e rinomato conferenziere: “Era un giovedì sera. Eravamo di ritorno dall’America, io e mia moglie. L’aereo era atterrato all’aeroporto di Tel Aviv dopo la mezzanotte, ma dovettero passare ancora alcune ore di trafile varie, prima che fossimo finalmente pronti a lasciare l’aeroporto e a cercare il taxi che ci avrebbe portato a casa, a Gerusalemme. Si tratta di quei taxi collettivi, che sono pronti a partire solo dopo aver riempito i loro posti con viaggiatori che hanno la stessa meta. L’addetto allo smistamento dei viaggiatori, a seconda delle loro destinazioni, ci indicò il taxi sul quale saremmo dovuti salire. Quando però fornimmo all’autista il nostro indirizzo, questi si rifiutò di prenderci con sé, poiché il suo giro era già organizzato per una parte completamente diversa della città. Avremmo dovuto a sua detta salire su di un altro mezzo. Peccato che l’addetto allo smistamento non fosse d’accordo, e così ci ritrovammo, ormai stanchi morti, ad essere sballottati fra i due. Alla fine, l’autista si arrese e ci fece salire. Poco dopo, salì sul taxi un giovane Israeliano, che si mise a conversare. Viveva a Barcellona ed era venuto in Israele per visitare il padre malato. Reduce da un volo non troppo lungo, aveva l’aria riposata e, quando si accorse della mia presenza, pensò bene di chiedermi: ‘Rabbino, perché non ci dice qualche parola interessante di Torà?’ Quando ad un chassìd vengono richieste parole di Torà, certo questi non penserà mai di tirarsi in dietro. Nonostante fossi esausto, quindi, pensai velocemente ad un argomento da trattare. Decisi infine di scegliere quello della Divina Provvidenza, che si rivela in modo particolare nella Terra d’Israele, ‘Una terra sulla quale gli occhi di D-O si posano dall’inizio dell’anno fino alla fine dell’anno’. Il giovane mi ascoltò attentamente, ma alla fine intervenì, per dire che non si trovava d’accordo con quanto avevo detto. Secondo le sue statistiche, la gente rimaneva infortunata in Israele, non meno di qualsiasi altro paese. Per rafforzare la sua opinione, ci raccontò come il suo migliore amico fosse rimasto ucciso in un attacco terroristico a Gerusalemme, qualche anno prima. ‘Come può venirmi a parlare di Divina Provvidenza?!’, mi chiese infine. Gli risposi che anche quello che era accaduto al suo amico era per Divina Provvidenza e per trasmettergli meglio il concetto che cercavo di esprimere, gli raccontai una storia, che mia moglie aveva sentito da due sue amiche. Dieci anni prima, queste due donne erano andate a visitare la famiglia Eliraz, il cui figlio Ro’i era stato ucciso in un attentato terroristico, sull’autobus della linea 4 di Gerusalemme. Le due donne erano venute a consolare e rincuorare la famiglia, in quei terribili giorni. Non avendo però trovato i genitori in casa in quel momento, furono accolte dalle sorelle e dal fratello di Ro’i. Fu proprio quest’ultimo, Guy, a chiedere di poter raccontare loro un fatto molto strano accaduto. Nel giorno della morte di suo fratello, egli si trovava in viaggio con degli amici per un giro nel nord del paese. Appisolatosi sull’autobus, aveva fatto un sogno sconvolgente. Aveva visto, come in una visione, il fratello, vestito di bianco, che gli diceva di stare per lasciare questo mondo. Nel sogno, Ro’i gli chiese di prendersi cura della madre e della nonna, poiché esse avrebbero presto ricevuto la peggiore delle notizie possibili. Un attimo prima di risvegliarsi da quello strano sogno, suo fratello gli disse dove aveva nascosto tutti i suoi valori. Prima di andarsene, egli disse anche che durante la shivà (i sette giorni di lutto che seguono un decesso, durante i quali la famiglia si riunisce), egli sarebbe venuto a visitarli in veste di farfalla. A quel punto, Guy si svegliò. Sentendosi colpito e confuso, chiese ad uno dei suoi compagni di viaggio di far accendere la radio. Fu così che venne a sapere dell’attentato verificatosi pochi minuti prima, all’autobus della linea 4! Guy sentì dentro di sé, che era a ciò, che suo fratello si riferiva nel sogno. Chiamò subito sua madre, che al momento non potè parlargli, poiché era sulla via per l’ospedale… La polizia l’aveva chiamata per dirle che qualcosa era successo al loro figlio! Nel giro di poco la notizia fu confermata. Ro’i era rimasto ucciso nell’attentato. Guy interruppe subito il viaggio e tornò a Gerusalemme per riunirsi alla famiglia. Fu durante la shivà, che si accorse di uno strano visitatore, una farfalla che era entrata in casa, volando qua e là, dal primo giorno della shivà, fino all’ultimo, quando all’improvviso scomparve. Questa fu la storia che raccontai al giovane che non credeva nella Mano della Divina Provvidenza, aggiungendo come anche in situazioni molto difficili, come un attentato terroristico, vi sia un Potere Superiore che guida ogni cosa. Aspettai la reazione del giovane, che mi rispondesse qualcosa, ma lo vidi ammutolire e sbiancare in volto. Ci preoccupammo e gli chiedemmo se si sentisse bene. Dopo alcuni istanti, riuscì finalmente ad aprire bocca e a pronunciare a fatica poche parole: “Sono sotto shock!” Con le lacrime che gli rigavano il viso, poi, aggiunse: “Ro’i, il ragazzo ucciso nell’attentato… era lui, il mio migliore amico, quello di cui vi avevo parlato…!” Quante erano le possibilità secondo il ‘caso’, che noi salissimo proprio su quel taxi, il cui autista si rifiutava di prenderci, perché quel giovane mi chiedesse di parlare di Torà e, fra tutti gli argomenti possibili, io scegliessi proprio quello della Divina Provvidenza? E che poi il ragazzo dichiarasse di non credervi, adducendo la storia del suo amico e, fra tutte le storie possibili, io gli andassi a raccontare proprio quella che lo riguardava!?” Aggiunge rav Appel che, nei giorni seguenti, sentendosi così colpito da quella straordinaria dimostrazione di Divina Provvidenza, il giovane si mostrò interessato ad ascoltare altri concetti di Ebraismo. “Da allora siamo rimasti sempre in contatto”, termina il suo racconto rav Appel. “Lui mi pone domande, ed io cerco di fornirgli risposte, e sembra proprio che un raggio di luce gli abbia aperto la via della Torà e delle mizvòt.”
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