Un cambiamento ispiratore Pubblicato il 21 Dicembre, 2023

Lo stabilire una società orientata verso la spiritualità, nel mezzo della prosperità materiale, fornisce all’uomo un pre-assaggio della Redenzione, e prepara il mondo al tempo in cui la Redenzione si rivelerà.  

Attivare un potenziale
Nel suo siddùr (libro di preghiere), l’Admòr HaZakèn (il primo Rebbe di Chabad) scrive: “Prima della preghiera è giusto dire: Io accetto su di me il precetto positivo ‘Ama il tuo prossimo come te stesso.’” Dimostrare amore per il prossimo aiuta la persona a rafforzare il proprio rapporto con D-O. Una sincera dedizione al prossimo richiede infatti un vero altruismo, e questo è l’approccio che deve caratterizzare il nostro rapporto con D-O. Ma perché si deve rendere necessaria a questo scopo una dichiarazione verbale? Perché l’enfasi non è posta sulla meditazione, riguardo a questo concetto, invece che sulla sua espressione verbale? A livello dell’essenza, si può spiegare il concetto dell’unità di tutto il nostro Popolo: “Essi sono tutti complementari e condividono un unico Padre. Per questa loro radice comune nel D-O Uno, tutti gli Ebrei sono chiamati ‘fratelli’, nel pieno senso del termine.” Fin troppo spesso, però, quest’unità non si manifesta nei nostri rapporti col prossimo. Rendendola quindi esplicita verbalmente, è possibile attivare questo potenziale, rendendolo manifesto nel nostro mondo materiale. L’importanza di questa dichiarazione supera di gran lunga le poche parole che la compongono. Lo scopo è che un’azione ne porti un’altra, in un ciclo auto-rafforzante, che motiverà la persona ad esprimere l’amore per il suo prossimo, stimolandolo a sua volta a ricambiare. Fare una dichiarazione di intenti apre un canale ai nostri sentimenti interiori d’amore, allo scopo di manifestarli poi nell’azione, con atti di bene verso il prossimo.

Avvicinamento ed unione
Un’allusione a ciò, la si trova nella parashà Vaygàsh, termine che significa ‘Ed egli si avvicinò’, dove si racconta di Yehudà, che si rivolse a Yosèf. Questo approccio di Yehudà aveva l’intento di stabilire qualcosa di più che una vicinanza fisica. Secondo il commento di Rashi, Yehudà disse a Yosèf: “Possano le mie parole entrare nelle tue orecchie,” dimostrando cioè il desiderio di comunicare. L’atto di Yehudà ebbe enormi ripercussioni. Come infatti si legge più in là nella narrazione, “Yosèf non poté più trattenersi.” Dopo anni di separazione, i fratelli si abbracciarono, si baciarono e parlarono liberamente fra di loro. I figli di Yacov tornarono dal padre con la notizia che Yosèf era vivo, e Yacov scese in Egitto per raggiungerlo, stabilendo così una riunione di tutti gli Ebrei. La spirale innescata dall’approccio di Yehudà a Yosèf ebbe ramificazioni ancora più vaste. Lo Zohar spiega la loro unione come l’unione del mondo fisico con quello spirituale. Nella sua essenza, tutto il mondo è una sola cosa con D-O. È questo infatti il significato dell’espressione “D-O è uno” nella recita dello Shemà Israel: non solo cioè che vi è un solo D-O, ma che tutta l’esistenza è tutt’uno con Lui. L’unità che pervade la creazione non è però manifesta. Anzi, il mondo sembra esistere come un insieme di entità distinte. Esprimere l’unità interiore che esiste fra gli uomini, funge da catalizzatore per la realizzazione dell’unità nel mondo in generale, consentendo al mondo materiale di fungere da mezzo, per l’espressione della verità spirituale. E ciò si trova riflesso nella condotta di Yacov e dei suoi figli in Egitto. Nonostante il loro stabilirsi in Egitto avesse comportato una discesa nell’esilio, e l’Egitto stesso fosse un luogo di depravazione, Yacov ed i suoi figli stabilirono lì un modello di esistenza orientato alla spiritualità. Il faraone concesse loro la parte migliore del paese, con la promessa che “il meglio dell’Egitto sarà vostro.” Yacov ed i suoi figli sfruttarono al massimo questa opportunità. Addirittura, i nostri Saggi dicono che quelli furono gli anni migliori di Yacov. Durante la sua vita, egli cercò di esprimere i valori spirituali nella realtà della vita quotidiana. In Egitto, gli fu data la possibilità di realizzare questo ideale.

Scoprire l’identità
L’importanza di questi concetti non è confinata a periodi in cui il Divino è apertamente manifesto. Anzi, è vero il contrario. La narrazione inizia infatti in una condizione di massimo ascondimento. Yehuda non sapeva di parlare a Yosèf. Pensava di rivolgersi al viceré dell’Egitto, e di doverlo supplicare per la liberazione di Binyamin, dopo che questi era stato colto in una situazione compromettente. A dispetto della debolezza della sua posizione, Yehuda si mosse nella direzione dell’unità, ed il suo approccio portò alla rivelazione della vera identità del governatore egiziano: Yosèf. Analogamente, nonostante anche oggi gli Ebrei possano aver bisogno dell’aiuto della potenza delle nazioni o di autorità non Ebraiche per la loro sicurezza, essi devono realizzare la sottile dinamica interiore che è in atto. Non è un ‘egiziano’ a guidare il nostro destino, come è detto: “I cuori dei re e degli ufficiali sono nelle mani di D-O.” Egli controlla il destino del nostro popolo in generale, e di ogni individuo in particolare, e non poteri non Ebraici. La nostra condotta e la scelta delle nostre priorità devono quindi basarsi su ciò. Non vi è alcun bisogno di accettare gli standard che il mondo impone. Seguendo l’esempio di Yehuda e tendendo verso l’unità, all’interno della nostra condizione attuale, noi possiamo dare inizio ad una sequenza, che porterà all’aperta espressione della natura Divina del nostro mondo.

L’Egitto non è la fine del viaggio
Durante il suo viaggio verso l’Egitto, Yacov ebbe una visione, nella quale D-O lo rassicurò – “Non temere di scendere in Egitto” – e gli promise: “Io scenderò con te in Egitto ed Io certamente ti farò risalire!” Pur comprendendo Yacov quello che avrebbe potuto realizzare in Egitto, egli era riluttante a scendervi. Questo, poiché la prosperità in esilio, anche quella utilizzata per creare un modello di esistenza orientata verso la spiritualità, non è lo scopo della vita di un Ebreo. La vera vita di un Ebreo è nella Terra d’Israele, e più in particolare, la Terra d’Israele così come essa esisterà nell’Era della Redenzione. E fu questa la promessa che Yacov ricevette da D-O: che i suoi discendenti sarebbero stati redenti dall’Egitto e avrebbero vissuto nella Terra d’Israele con Moshiach. Perché allora Yacov scese in Egitto? Poiché egli comprese il valore della Redenzione che viene portata dal servizio Divino dell’uomo. Lo stabilire una società orientata verso la spiritualità, nel mezzo della prosperità materiale, fornisce all’uomo un pre-assaggio della Redenzione, e prepara il mondo al tempo in cui la Redenzione si rivelerà. La vita di Yacov in Egitto fu dedicata a questo scopo.
(Sefer HaSichòt 5750, pag. 212; Sefer HaSichòt 5751, pag. 206)

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