Collegati a D-O, al di là della logica Pubblicato il 22 Marzo, 2024
Amalèk esercita la sua influenza sull’Ebreo in modo da fargli credere che tutto avvenga per caso. Egli gli impedisce di vedere la mano della Divina provvidenza che guida ogni cosa.
“Conosce il suo Signore e si ribella a Lui intenzionalmente” (Chaghigà 13, 1)
Nello Shabàt che precede la festa di Purim, Shabàt Zachòr, noi leggiamo sempre la parashà: “Ricorda ciò che ti fece Amalèk” (Devarìm 25:17-19). La ragione di ciò è semplicemente che il malvagio Hamàn era un discendente di Amalèk. È possibile però trovare un collegamento interiore più profondo fra questa parashà e la festa di Purim. La caratteristica essenziale di Purim la si può trovare espressa nel testo della Meghillàt Esther (9:27): “Gli Ebrei confermarono e accettarono su di sé”, e ancora, come dissero i nostri Saggi: “Confermarono ciò che avevano già accettato”. Il significato di ciò è che gli Ebrei, al tempo del miracolo di Purim, confermarono, accettando cioè veramente e fino in fondo, quello che avevano già ricevuto al Matàn Torà. Gli Ebrei dimostrarono allora la loro totale disponibilità all’auto-sacrificio, pronti a morire, pur di non rinnegare il loro ebraismo, tanto che a nessuno passò neppure lontanamente per la mente di abiurare, pur di salvare la propria vita. In questo modo, la loro accettazione della Torà e dei precetti si compì nel modo più completo.
Sfrontatezza irrazionale
La preparazione a ciò è la lettura della parashà ‘Zachòr’. Amalèk rappresenta il completo opposto del collegamento dell’Ebreo con D-O, con sacrificio di sé. Ciò che contraddistingue il senso di sacrificio è la completa dedizione a D-O, al di là di ogni calcolo e ragionamento logico. Anche Amalèk non agisce in modo razionale, ma piuttosto con una sfrontatezza priva di qualsiasi logica. Può accadere che una persona trasgredisca alla volontà di D-O a causa della sua incapacità di percepire nel proprio animo il manifestarsi della luce Divina. Non appena però la luce Divina dovesse illuminare il suo animo, subito egli si pentirebbe e tornerebbe a D-O. Al contrario, invece, Amalèk si ribella a D-O anche davanti al massimo livello di rivelazione Divina: “Conosce il suo Signore e si ribella a Lui intenzionalmente.” Per questo non c’è per lui alcuna possibilità di riparazione. L’unico rimedio possibile per lui è la sua completa distruzione, fino a cancellarne il ricordo.
Dalla freddezza si passa alla casualità
L’espressione pratica dell’operato di Amalèk si realizza a diversi livelli. Di Amalèk dice la Torà: “Che ti incontrò lungo il cammino”. Il termine Ebraico tradotto con ‘incontrò’ ha una radice che, come spiega Rashi, significa ‘raffreddare’. Amalèk raffredda l’uomo, così che anche quando l’Ebreo segue la strada della Torà e dei precetti, questi cerca di ‘raffreddarlo’, di far sì che il suo servizio Divino sia compiuto con freddezza, senza entusiasmo e calore. Sempre Rashi fornisce un’ulteriore interpretazione allo stesso termine, facendolo risalire alla radice che significa ‘caso, casualità’. Amalèk esercita la sua influenza sull’Ebreo in modo da fargli credere che tutto avvenga per caso. Egli gli impedisce di vedere la mano della Divina provvidenza che guida ogni cosa. In questo modo l’uomo cade sempre di più, fino a poter arrivare alla condizione di quelli che erano “i più deboli dietro a te” (Devarìm 25:18), e che Amalèk poté colpire allora con tutta la sua forza.
L’opposto di Amalèk
Per questo è detto: “Ricorda quel che ti ha fatto Amalèk” e “Non dimenticare”. Innanzitutto l’Ebreo deve ricordarsi delle insidie che Amalèk, sempre in agguato, gli tende, e stare attento alla freddezza che egli cerca di introdurre in lui. L’Ebreo deve essere come un ‘fuoco’, essendo egli legato a D-O, Che è “l’Eterno, tuo Signore, un fuoco che divora” (Devarìm 4:24), e non deve in nessun modo lasciare che la freddezza di Amalèk penetri il suo cuore. Inoltre, l’Ebreo deve rafforzare gli aspetti positivi, l’esatto opposto di quanto Amalèk rappresenta. Deve far sì quindi che il suo legame con D-O sia basato sul proprio annullamento e abbandono a Lui, con auto-sacrificio che trascende ogni logica. Egli deve scolpire ciò sempre nel suo cuore e non dimenticarsene mai: “non dimenticare”. Così egli riuscirà in tutte le cose, durante tutta la sua giornata, anche quando è occupato negli affari quotidiani e anche quando dorme.
(Libro delle Itvaduiòt 5749, vol. 2, pag. 417)