Custodire il Tempio Pubblicato il 1 Aprile, 2024
Ogni Ebreo rappresenta un santuario in cui far risiedere la Presenza Divina, e non solo lui stesso, ma anche la sua casa e tutti gli altri oggetti che egli possiede e coi quali serve D-O. La Torà ci insegna la necessità particolare per noi di custodire, dare rilevanza, onore e rispetto ad ogni aspetto del nostro servizio Divino.
“… e la gloria dell’Eterno apparve a tutto il popolo.” (Vaikrà 9:23)
Nella parashà Sheminì, la Torà racconta di come i Figli d’Israele eressero per la prima volta il Santuario. Ciò accadde il Capomese di Nissàn: allora, la Presenza Divina si posò sul Santuario e, come è detto, “uscirono e benedissero il popolo, e la gloria dell’Eterno apparve a tutto il popolo”. Tuttavia, la Presenza Divina nel Santuario non era eterna. Il posto nel quale il Santuario veniva eretto non diventava sacro e, dopo che esso veniva smontato e trasportato in un luogo diverso, quello precedente restava un luogo profano. Non così accadeva riguardo al Tempio di Gerusalemme. Lì, la rivelazione della presenza Divina era molto più grande e la sua santità continua a persistere anche dopo la distruzione del Tempio, sia il Primo che il Secondo. Per essi vale la regola: “Nonostante la loro desolazione, la loro santità permane” (Ràmbam, Hilchòt Beit HaBchirà, cap. 7, halachà 16).
Un precetto tuttora in vigore
Ciò costituisce la base delle leggi che riguardano il timore che si deve nutrire per il Tempio (“Ed il Mio Santuario temerete” Shemòt 19:30), leggi la cui validità vige anche oggi. Scrive il Ràmbam: “Nonostante il Tempio sia stato distrutto, a causa dei nostri peccati, l’uomo deve temerlo come faceva quando era costruito. Non entri se non nei luoghi in cui sia permesso entrare, ecc.” Sorge qui una domanda interessante: il Ràmbam scrive che, fra i precetti positivi, vi è quello di custodire il Tempio. Non si tratta di una custodia dettata dalla paura dei nemici, ma di una custodia dell’onore del Tempio, per la Presenza Divina che si posa lì, poiché “non è uguale un palazzo che abbia dei custodi ad uno che non ne abbia”. Questo precetto veniva messo in atto dai Sacerdoti e dai Levìti, che custodivano il Tempio. Ma, dato che anche oggi la Divina Presenza si posa sul luogo del Tempio, e questo precetto è quindi tuttora in vigore, come mai non vediamo di fatto nessun tentativo da parte dei ‘grandi’ d’Israele di metterlo in pratica?
Il pericolo respinge
La domanda si rafforza ancora di più di fronte alle fede, che è alla base dell’Ebraismo, che dice “aspetterò ogni giorno che egli (il Messia) arrivi”. Di certo, quindi, il Terzo Tempio può scendere in ogni momento dal cielo, e in quel caso esso rimarrà senza sorveglianti, fino a che non riusciranno ad organizzarsi e a prepararne. Perché allora non si sono preoccupati di mettere dei custodi anche ai nostri giorni, nei posti in cui è permesso e possibile? Bisogna dire che la ragione più semplice è che, dal tempo della distruzione del Tempio, il precetto della sua custodia comporta un pericolo di vita: se le nazioni del mondo ci vedessero mettere delle guardie intorno al Monte del Tempio, potrebbero colpire loro e il popolo d’Israele in generale. Dato quindi che una condizione di pericolo di vita respinge tutti i precetti, ciò vale anche per questo precetto, fino a che non verrà la Redenzione proprio di fatto.
Il Tempio spirituale
Tutto ciò riguarda l’adempimento del precetto della custodia del Tempio nel suo senso letterale, che noi non possiamo osservare oggi per paura delle nazioni, fino a che non meriteremo la redenzione. Per quel che riguarda invece l’aspetto spirituale delle cose, il precetto vige pienamente anche oggi e noi abbiamo il dovere di osservarlo in senso spirituale. Ogni Ebreo rappresenta un santuario in cui far risiedere la Presenza Divina, e non solo lui stesso, ma anche la sua casa e tutti gli altri oggetti che egli possiede e coi quali serve D-O. La Torà ci insegna la necessità particolare per noi di custodire, dare rilevanza, onore e rispetto ad ogni aspetto del nostro servizio Divino. L’Ebreo deve comportarsi con rispetto particolare e conferire onore ad ogni cosa che riguarda la Torà ed i precetti: i libri sacri, gli articoli religiosi, ed ogni altra cosa che venga usata per servire D-O. Questo onore che va dato al proprio santuario personale rappresenta una preparazione al ritorno all’adempimento del precetto di custodire il Tempio, nel Terzo Tempio, al più presto.
(Toràt Menachem, Itvaduiòt 5750, vol. 3, pag. 85)