L’essenza dell’Ebreo è legata a D-O Pubblicato il 23 Febbraio, 2024

L’essenza vera dell’Ebreo è la sua anima Divina, che è una parte di D-O Stesso.

“Si sentirà il suo suono, quando entra nel Santo” (Shemòt 28:35)
Otto erano le vesti riservate al Sommo Sacerdote, otto gli indumenti che egli doveva indossare. Nella parashà Tezavvè troviamo anche due avvertimenti che la Torà dà al Sommo Sacerdote, il primo dei quali è che egli non dovrà prestare il suo servizio nel Santo senza queste otto vesti e il secondo, che non dovrà neppure entrare nel Santo, senza tre di questi indumenti: il choshen (pettorale), l’efòd e la veste. Il Sommo Sacerdote rappresenta tutto Israele e il suo compito è collegare il popolo a D-O. Il legame dell’Ebreo con D-O si esprime a due livelli: vi è un legame che si produce grazie al servizio Divino del popolo d’Israele, con l’osservanza della Torà e dei suoi precetti; esiste però anche un legame che deriva dal fatto stesso di esistere dell’Ebreo, in quanto figlio o servo di D-O. Questi due livelli di legame trovano espressione nei comandi della Torà riguardo alle vesti del Sommo Sacerdote.

Il nome inciso
Gli indumenti completi del sacerdozio appartengono al servizio del Sommo Sacerdote, che viene avvertito dalla Torà di non servire mai nel Santo, in assenza di anche uno solo di questi indumenti. E anche quando non è impegnato in un qualche particolare servizio, ma solo entra nel Santo, la Torà avverte in modo perentorio il Sommo Sacerdote di indossare sempre e comunque il pettorale, l’efòd e la veste, in quanto questi indumenti rappresentano l’essenza stessa del legame dell’Ebreo con D-O. Nel pettorale erano incastonate 12 pietre, che dovevano trovarsi sempre sul cuore di Aharòn, e su di esse erano incisi i nomi delle tribù. In questo modo, il pettorale veniva a rappresentare il livello più alto del legame fra gli Ebrei e D-O: il loro nome, che si trovava inciso nel Santo.

Anche le persone più ‘vuote’, sono piene di mizvòt
A livello più basso si trova l’efòd, ed anche su di esso si trovavano delle pietre con incisi i nomi delle tribù, solo che queste non eranno collocate in corrispondenza del cuore, ma sulle “bretelle dell’efòd”, dietro. Con ciò, l’efòd rappresenta gli Ebrei che lottano con la loro inclinazione al male, che è il tipo di servizio Divino che si fa ‘dietro’ (le quinte), sono le battaglie interiori che non si vedono. Al livello più basso si trova la veste, sul cui orlo erano appese nappe a forma di melograno, che alludono al verso del Canto dei Cantici, interpretato dai nostri Saggi come: “I più vuoti che sono in te, sono pieni di mizvòt come un melograno”. La veste simbolizza quindi i livelli più bassi nel popolo d’Israele, le persone ‘vuote’.

Un insegnamento per ogni Ebreo
Nonostante ciò, al Sommo Sacerdote non è permesso entrare nel Santo, se non quando indossa tutti e tre questi indumenti. Egli non può accontentarsi del livello più elevato rappresentato dal pettorale, e neppure da quello dell’efòd. Egli deve indossare anche la veste. Infatti solo tramite l’unione dei tre tipi che si trovano nel popolo d’Israele si crea il legame profondo con D-O “come rimembranza costante al cospetto di D-O” (Shemòt 28:29). Ciò insegna ad ogni Ebreo che, quando si incontra un altro Ebreo che, all’apparenza, sembra appartenere ad una condizione di inferiorità, bisogna ricordarsi che anche lui si trova “come rimembranza costante al cospetto di D-O”. L’essenza vera dell’Ebreo è la sua anima Divina, che è una parte di D-O Stesso. Solo dopo aver fatto propria tale consapevolezza, si può cominciare ad occuparsi dei particolari delle mizvòt che l’Ebreo deve compiere, poiché tutto ciò deriva dal suo essere Ebreo, figlio e servo del Santo, benedetto Egli sia.
(Da Likutèi Sichòt, Vol. 21, pag, 181)

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