Ogni Ebreo è “oro”. Pubblicato il 14 Febbraio, 2024

Dalla costruzione del Santuario e dalle offerte per esso, noi possiamo trarre moltissimi insegnamenti, ed in particolare, la possibilità di riconoscere quanto sia prezioso l'Ebreo.     

 

 Riguardo alla costruzione del Santuario, si nota un fatto sorprendente. Nonostante si tratti di una innovazione senza precedenti, un fatto eccezionale, il risiedere cioè di D-O Stesso – che è più elevato di tutti i mondi e che non si riveste neppure dei mondi più alti – proprio qui, in questo mondo materiale (!), nonostante ciò, questa impresa viene realizzata, non dalle personalità più distinte, ma piuttosto da tutto il popolo d’Israele, uomini, donne e bambini. Infatti, anche se la costruzione, di fatto, fu attuata da Bezalel, le offerte per il Santuario furono portate da tutti.

   La spiegazione di ciò è che, in effetti, la costruzione del Santuario fu, sì, attuata dalle personalità più distinte. Dal Matàn Torà, infatti, si è creato in ogni Ebreo un legame inscindibile con il Santo, benedetto Egli sia, tanto che non fa alcuna differenza l’aspetto esteriore dell’Ebreo, in quanto,  nel suo intimo, ogni Ebreo comprende una parte del livello più elevato della Divinità stessa, e pure il suo servizio deriva da un effettivo amore per D-O, anche se non sempre così appare. Per questo, in virtù della forza Divina così elevata, che esiste in ogni Ebreo, egli ha il merito e la capacità di purificare il mondo e di far risiedere D-O, qui, nel Santuario.

   All’inizio della parashà Terumà, il Santo, benedetto Egli sia, impartisce gli ordini riguardanti le offerte per il Santuario, citando, prima di tutto, l’ “oro”, a cui, solo dopo, fanno seguito l’argento ed il rame. In effetti, apparentemente, vi erano più Ebrei, che potevano offrire argento e rame, piuttosto che oro. Inoltre, per il Santuario stesso, vi era più bisogno di argento e di rame, piuttosto che di oro. Secondo ciò, quindi, se si parla di oro, in senso stretto, non si vede, in effetti, alcun bisogno di citarlo per primo. Qui, però, si tratta dell’Ebreo, che porta la sua offerta, e l’Ebreo è, innanzitutto, ‘oro’. Innanzitutto gli si addice l’oro, in quanto l’ “oro”, e cioè il suo legame Divino, è ciò che gli dà la forza di costruire il Santuario.

   Questo è anche il collegamento, che spiega l’importanza della gioia del mese di Adàr. Infatti, quando un’Ebreo è consapevole del fatto, che anche qui, in questo mondo, egli è tutt’uno con D-O, e ciò, nonostante che la materialità del mondo celi e nasconda questa realtà, non vi è per lui gioia più grande di questa, ed in particolare nel mese di Adàr, in cui il masàl dell’Ebreo prevale (senza nessuno sforzo da parte sua). Per questo “dal momento che entra Adàr, noi aumentiamo la nostra gioia”.

  Ogni insegnamento che noi riceviamo, ha un valore, solo nel momento in cui esso entra nella nostra vita, influenzando il nostro comportamento. Ecco, quindi, le istruzioni pratiche, che il Rebbe fa seguire a questi insegnamenti. 1. L’Ebreo deve sforzarsi di essere ricco di fatto, in tutte le cose, sia spiritualmente, sia materialmente. 2. Bisogna aumentare la gioia, sia per quel che riguarda noi stessi, sia per quel che riguarda il nostro prossimo e la nostra famiglia. 3. Innanzitutto, si aumenti la gioia tramite lo studio della Torà ed il compimento delle mizvòt, e poi anche semplicemente, di per se stessa, ed ogni giorno di più.

(Shabàt parashà Terumà, 5752)

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