Ricorda cosa ti fece Amalèk Pubblicato il 20 Marzo, 2024

Se la Torà ci ricorda il nostro dovere di non dimenticare il male che ci ha fatto Amalèk e quello di cancellare il suo ricordo da sotto i cieli, la Chassidùt ci insegna il significato interiore di ciò, e cioè come la distruzione di Amalèk sia una parte essenziale del nostro servizio Divino, giorno per giorno, anche oggi.

 

Shabàt Zachòr
Il Sabato che precede Purim ha in sé un aspetto che si relaziona  a questa festa. Si chiama Shabàt ‘Zachòr’ (‘Ricorda’), poiché in esso noi leggiamo la porzione della Torà che ci impone di non dimenticare il male che ci ha fatto Amalèk e ci comanda di cancellare il suo ricordo da sotto i cieli. Questo brano che, letto in questo Sabato, pone vicine la distruzione di Amalèk e quella di Hammàn, precede la festa di Purim, in quanto il ricordo deve precedere l’azione. Il brano di ‘Zachòr’ ci ricorda la responsabilità che noi abbiamo di ‘distruggere’ Hammàn a Purim. Per comprendere il significato e l’importanza di questo compito, noi dobbiamo chiarire prima il tema di Purim e la sua relazione con il nostro servizio Divino. La storia che viene raccontata dalla Meghillàt Estèr non va considerata, infatti, come la semplice narrazione di avvenimenti passati, ma come un qualcosa da rivivere ed applicare al nostro servizio, oggi.

L’accettazione della Torà
Il tema che emerge dalla storia di Purim è riassunto dal detto: “Essi confermarono ciò che avevano accettato molto tempo prima” (col Matàn Torà). Ciò significa che solo con gli eventi di Purim il popolo Ebraico accettò completamente la Torà, e questo grazie allo spirito di sacrificio da essi dimostrato. Per un anno intero, infatti, dopo l’emanazione del feroce decreto di Hammàn di sterminare tutti gli Ebrei, il popolo fu pronto alla morte, senza alcuna esitazione, pur di non rinnegare la propria fede per salvare la vita. Questa disposizione al sacrificio portò l’accettazione della Torà e dei suoi precetti alla sua completezza ed alla sua perfezione. Vivere la festa di Purim significa quindi rinnovare ogni anno la nostra completa accettazione della Torà e dei suoi precetti, rinforzando il nostro legame con essa e risvegliando la parte più essenziale e profonda dell’anima e la sua unione con il Santo, benedetto Egli sia. La lettura del brano di Zachòr ci aiuta in questo. La Chassidùt spiega che l’opera malvagia di Amalèk inizia con il “raffreddare” l’Ebreo nel suo entusiasmo per il Divino. Egli quindi acceca l’Ebreo, impedendogli di riconoscere l’intervento costante della Divina Provvidenza, e riesce così, alla fine, a colpire “coloro che erano rimasti indietro” (Devarìm 25:18). Comandandoci di ricordare Amalèk, la Torà ci invita a fare attenzione a non permettere alla freddezza e all’indifferenza di influenzarci al punto di indebolire il nostro servizio Divino e di non riconoscere la mano della Divina Provvidenza. Ciò porta l’Ebreo ad essere costantemente consapevole del suo legame con D-O, legame per il quale egli è pronto al sacrificio, con una dedizione che va al di là della logica e ispira di fatto tutte le sue azioni.

Il nostro compito di fronte ad Amalèk
Riguardo Amalèk, Rashi spiega che “Il Santo Benedetto giurò che il Suo Nome non sarebbe stato completo e il Suo trono non sarebbe stato perfetto finchè non fosse distrutto completamente il nome di Amalèk” (Rashi, Shemòt 17:16). La Chassidùt sviluppa questa idea e spiega che la kelipà (scorza) di Amalèk viene a nascondere, per così dire, parte del Nome di D-O (il Tetragramma, le quattro lettere che formano il Nome impronunciabile di D-O). Anche nel sevizio Divino dell’uomo avviene qualcosa di simile. L’anima Divina dell’Ebreo possiede, simbolicamente, le quattro lettere del Tetragramma, che sono divise in una parte rivelata ed una nascosta. Le forze interiori di amore, timore, capacità di meditare sulla grandezza di D-O, fede, ecc., sono le forze nascoste che rappresentano la Yud e la Hey del Nome Divino, mentre lo studio e l’osservanza dei precetti di fatto, simbolizzano la Vav e la Hey del Nome Divino. Amalèk cerca di separare questi due aspetti, così che la meditazione e gli attributi non possano influenzare le azioni della persona. La distruzione di Amalèk diviene quindi una parte essenziale del servizio Divino dell’uomo, per riportare il Nome di D-O alla Sua interezza e permettere alle buone intenzioni della persona di ispirare tutte le sue azioni e di rivelarsi in esse.

Il valore dell’iniziativa dal basso
Quanto è detto, che Purim completa e perfeziona il processo di accettazione della Torà, non è di comprensione così immediata. Al Matàn Torà, infatti, gli Ebrei erano ad un livello estremamente elevato, mentre a Purim essi erano in uno stato di grande depressione. Come è possibile, allora, che al Matàn Torà essi abbiano vissuto solo la fase iniziale dell’accettazione della Torà, per raggiungere poi il completamento del processo solo a Purim?  Di fatto, una piena accettazione della Torà comporta una totale fermezza e una completa fedeltà, l’impegno assoluto ad osservarla, di fronte a qualsiasi avversità e ad ogni costo. Ad un simile atteggiamento è possibile arrivare solo attraverso il rivelarsi dell’essenza dell’anima, che è legata a D-O da un vincolo eterno. Purim introduce questo aspetto, che esiste potenzialmente in ogni Ebreo e che deve solo rivelarsi: il suo legame immutabile con il Santo, benedetto Egli sia. Al tempo del Matàn Torà, ciò non venne alla luce: lo stato degli Ebrei, allora, fu sì di un livello estremamente elevato, ma ciò fu dovuto alla grandiosità della rivelazione della luce Divina,  che servì da catalizzatore per la loro accettazione della Torà. Quella luce, però, non arrivò ad irradiare nel profondo del loro essere. In quella condizione di elevazione, infatti, essi non potevano ancora sapere quanto forte sarebbe stato il loro impegno, in assenza di una simile rivelazione della luce Divina. A Purim, invece, quando gli Ebrei erano in uno stato di depressione, nel buio dell’esilio, dove la luce Divina non era rivelata, proprio allora essi dimostrarono la più grande determinazione, rivelando la loro propria forza interiore. L’accettazione della Torà fu allora veramente loro, un fatto acquisito.

Purim e la Gheulà
È possibile vedere un nesso fra Purim e la Redenzione vera e completa. Il tema della Redenzione è l’inaugurarsi di un periodo in cui verrà a realizzarsi lo scopo del Matàn Torà: fare di questo mondo inferiore una dimora per D-O. Per un breve momento ciò accadde al Matàn Torà, ma il suo completamento si realizzerà solo al tempo della Redenzione. Al Matàn Torà ciò fu possibile grazie ad una rivelazione dall’Alto, mentre in futuro ciò sarà il risultato del nostro servizio Divino, qui in basso. Dato che questo aspetto di forza, che nasce come iniziativa dal basso, ebbe inizio a Purim, ne consegue un legame diretto di questa festa con la Redenzione futura. Al Matàn Torà il Divino era rivelato nel mondo, mentre a Purim tutto era celato ed oscuro, eppure, proprio questo occultamento portò ad una condizione estremamente più elevata. Tutto ciò fu il risultato degli sforzi del popolo Ebraico nella Diaspora, poiché proprio allora si rivelò la loro essenza Divina. Questo accadde quando essi, pur essendo sparsi e disseminati fra le nazioni ed apparentemente assorbiti da esse, continuarono tuttavia ad essere “un’unica nazione”, grazie al loro intimo legame con D-O. Ciò servì a rivelare anche l’unità di D-O nel mondo, fino al rivelazione completa del Suo Regno, possa essa realizzarsi oggi stesso!

(Discorso dello Shabàt Zachòr, 11 Adàr II 5749)

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