Un ‘test’ per la Redenzione Pubblicato il 15 Gennaio, 2024
Il precetto dell’Ahavàt Israel, l’amore per l’altro Ebreo, ci insegna che, quando vediamo un Ebreo che si allontana dalle sorgenti della Torà e dei suoi precetti, è nostro obbligo rivolgerci a lui con amore e affetto e avvicinarlo alla Torà, e quando le parole sono parole di verità, esse hanno la forza di penetrare e di essere accolte nel cuore di chi le ascolta.
“Ciascuno si prenda un agnello per casa paterna, un agnello per famiglia.” (Shemòt 12:3)
Nella parashà Bo si racconta del comando particolare che i Figli d’Israele ricevettero alla vigilia della loro uscita dall’Egitto: ad ogni famiglia fu ordinato di portare a casa un agnello, il dieci del mese di Nissàn, di tenerlo a casa per quattro giorni e, il quattordici di Nissàn, di scannarlo per offrirlo come ‘sacrificio pasquale’. A quale scopo far tenere loro un agnello in casa per quattro giorni? I nostri Saggi spiegano che il motivo fu quello di rendere la cosa pubblica, in modo che tutti i vicini egiziani venissero a chiedere agli Ebrei, perché essi tenessero un agnello in casa e cosa intendessero farne.
La ‘mucca sacra’ egiziana
Gli Ebrei si trovarono a fronteggiare un problema molto grave. Come è noto, la pecora era una delle divinità egiziane, tipo la ‘mucca sacra’. Come poteva un Ebreo dire al suo vicino egiziano di star tenendo in casa un agnello – l’idolo egiziano – per scannarlo ed offrirlo in sacrificio? Ma fu proprio questo lo scopo di quel comando: sottoporre gli Ebrei ad una prova, per vedere se la loro fede in D-O fosse più forte della loro paura degli egiziani, se essi avessero seguito il loro D-O, anche per una via irta di ostacoli e di pericoli. E di fatto, gli Ebrei superarono bene il ‘test’. Obbedirono al comando con coraggio e non evitarono di rivelare agli egiziani la loro intenzione di offrire l’agnello in sacrificio. E a questo proposito, i nostri Saggi dicono che, grazie alla forza ed alla fermezza della loro fede e della loro disponibilità a sacrificarsi pur di obbedire al comando Divino, gli Ebrei meritarono di essere redenti dall’Egitto.
Epoche parallele
Sotto molti aspetti, possiamo trovare una corrispondenza fra l’epoca immediatamente precedente all’uscita dall’Egitto e quella odierna, nella quale attualmente viviamo. Come allora, anche oggi noi siamo alla soglia della redenzione completa, nella profonda speranza e attesa della venuta del nostro giusto Moshiach. E come allora, anche oggi D-O ci richiede una completa dedizione, come preparazione alla redenzione. In questo modo, si possono comprendere le innumerevoli difficoltà che il popolo Ebraico si è trovato ad affrontare negli ultimi decenni, difficoltà sia sul piano materiale che su quello spirituale. D-O si aspetta da noi che affrontiamo queste difficoltà con sacrificio, rivelando così le forze illimitate che sono celate nell’anima di ogni Ebreo. Grazie ad una simile posizione ferma e decisa nel mantenere ed osservare la Torà ed i suoi precetti, meriteremo la redenzione.
L’avversario si trasforma in alleato
Se tutti i precetti vanno osservati con dedizione e sacrificio, ciò vale ancora di più per il precetto che può essere considerato come il fondamento di tutta la Torà: il precetto dell’Ahavàt Israel, l’amore per l’altro Ebreo. Ciò vuol dire che, quando vediamo un Ebreo che si allontana dalle sorgenti della Torà e dei suoi precetti, è nostro obbligo rivolgerci a lui con amore e affetto e avvicinarlo alla Torà. Non dobbiamo arrenderci né scoraggiarci, anche se la nostra opera incontra degli ostacoli. Come nessuno rinuncerebbe mai al proprio figlio unico, così è proibito rinunciare ad un qualsiasi Ebreo, e quando le parole sono parole di verità, esse hanno la forza di penetrare e di essere accolte nel cuore di chi le ascolta. Persino quando quello reagisce manifestando opposizione e rifiuto, ciò non deve impressionarci. Anzi, una simile reazione è la prova stessa che le parole hanno toccato il suo cuore. E non vi è dubbio che, proprio come in Egitto gli egiziani non solo non cercarono di impedire agli Ebrei di offrire il sacrificio di Pèsach, ma anzi diedero loro anche i propri oggetti d’argento e d’oro, così sarà anche per noi. Grazie alla nostra posizione ferma riguardo alla Torà ed ai suoi precetti, nella più totale dedizione e abnegazione, anche chi all’inizio può esserci stato ostile si trasformerà in amico e ci sarà di aiuto, e così tutti insieme meriteremo la redenzione completa, al più presto e di fatto.
(Likutèi Sichòt, vol. 1, pag. 127)