6 Kislev 5785 - Sabato, 7 dicembre 2024
Nel sonno e nel sogno di Yacov, sulla strada di Charàn, viene rivelato il compito del popolo Ebraico: unire spiritualità e materialità, trasformando il mondo in una dimora per D-O.
Anche se dobbiamo occuparci delle cose del mondo, del sostentamento e di tutto il resto, non dobbiamo per questo investire in ciò tutte le nostre energie vitali. Bisogna lasciare la testa libera di studiare la Torà e di compiere i precetti.
La completezza del servizio Divino, cui l’Ebreo può arrivare, e che comporta aspetti diversi, e addirittura opposti fra loro, ci deriva come dono prezioso dal nostro patriarca Yacov, la cui anima include in sé le anime di tutto il popolo Ebraico.
Izchàk era“puro di occhi, incapace di vedere il male e aveva una totale impossibilità di tollerare qualsiasi cosa che avesse a che fare con l’idolatria. Egli arrivò a un punto tale, che Il male non aveva più assolutamente alcuna influenza su di lui.
Ognuno di noi vuole essere ricordato. Ognuno vuole che qualcosa delle propria vita resti nel mondo e continui a prosperare e a tramandarsi, anche quando non ci siamo più. Ed è proprio questo il messaggio trasmesso dalla parashà Toledòt.
Come è possibile che Yacov, uno dei nostri Patriarchi, abbia ingannato suo padre per ottenere le benedizioni che aveva riservato a suo fratello Essàv? Evidentemente ciò fu consono al volere Divino, ma perché fu necessario proprio l’inganno?
Fra chi serve D-O, si possono trovare due tipi in generale: il ‘chassìd perfetto’ e chi ‘sottomette il suo istinto (del male)’. Il primo tipo è attratto solo dal bene e tutto il suo servizio consiste solo in un elevarsi continuo nel campo della santità. Al contrario, il secondo tipo è attratto anche dal male, e la sua grandezza consiste nel fatto che egli sottomette il proprio istinto.
L’Ebreo è l’inviato di D-O nel mondo, che ha il compito di trasformare tutto il mondo in una dimora per D-O, attraverso la Torà e le mizvòt. Per assolvere al suo compito, D-O fornisce l’Ebreo di forze senza limite, come senza limite sono le forze di D-O Stesso.
Come un pozzo è, per così dire, la ‘casa’ dell’acqua viva, dalla quale essa scorre, così anche il Tempio è la casa di D-O, dalla quale scorre la vitalità spirituale.
Il Rambam spiega che vi sono in generale due tipi di servizio spirituale: quello di chi desidera fare solo il bene, e quello di chi desidera fare il male, ma vince e sottomette la sua cattiva inclinazione.
Lo scopo della nostra esistenza è una missione preziosa, che D-O ha affidato alle nostre anime, nella loro discesa qui, nel mondo materiale in un corpo fisico. La parashà di Chayèi Sarà ci offre l’opportunità di comprendere il contenuto e l’eccezionalità di questa missione.
Vi sono due aspetti nel nostro servizio Divino: quello dello studio della Torà e del compimento dei precetti, e quello dell’occuparsi delle cose quotidiane con l’intenzione di elevarle alla santità.
D-O scelse Avraham e lo legò a Sé con un legame eterno ed immutabile. Questo legame fu trasmesso ad Izchak, e da lui a Yacov e ad ogni Ebreo dopo di lui. Allo stesso modo, D-O scelse di dare la corona del regno a Davìd ed a tutti i suoi discendenti, fino al re Moshiach, e questa scelta è eterna e non è soggetta a cambiamenti.
La Terra d’Israele è ‘un’eredità eterna’ data al ‘popolo eterno’ dal ‘D-O eterno’. Il nostro compito è quello di dichiarare con forza l’evidenza dei fatti, poiché questo è ciò che è scritto nella ‘Torà eterna’, ed allora tutti comprenderanno e concorderanno col fatto che non è possibile contestare il nostro possesso su questo paese, dato che anche le nazioni del mondo credono nella Torà.
È noto che, “in ogni generazione, nasce un individuo, discendente di Yehuda, qualificato ad essere il Moshiach per Israele”, “uno che è qualificato per la sua qualità di ‘giusto’ ad essere il Redentore e, quando arriverà il momento, D-O si rivelerà a lui e lo manderà, ecc.” Ma per arrivare a quel momento qualcosa è richiesto anche da noi e cioè che da ora, ogni aspetto del nostro servizio Divino, in ogni momento della nostra vita, sia permeato dal fine di “portare i ‘giorni di Moshiach'”.